di V circolo Gramsci
L’arte filmica, come è noto a tutti, è trasposizione di culture e patrimonio etnodemografico e il regista Premio Oscar, Giuseppe Tornatore, non manca di assolvere a tale importantissimo compito e proprio nel film “Baarìa” riproduce la processione di San Giuseppe rendendo tangibile al mondo, con la forza delle immagini, la fedeltà e la devozione dei Bagheresi al loro Santo Patrono. Il nostro Peppuccio la riassume con una frase fatta pronunciare al capo dei portatori della statua, peraltro doppiato dal papà di una nostra alunna,
“ Si un trasi San Giuseppe mancu Diu po’ trasiri”.
La celebrazione del Santo Patrono, è infatti un culto molto sentito nella nostra città. La festa del Santo viene celebrata con cerimonie solenni il 19 marzo. Essa viene accompagnata da diversi eventi che mescolano sacro e profano.
Si comincia con la novena di San Giuseppe che vede gruppi di donne riunirsi e raggiungere a piedi in preghiera la chiesa di “San Giusippuzzu” in Contrada Torremuzza. La sera del 18 marzo era tradizione organizzare la ”Vampa di San Giuseppe” che costituiva un momento importante di riunione della comunità attorno ad un fuoco comune. I bambini e i ragazzi erano i veri protagonisti delle Vampa e, nei giorni precedenti la ricorrenza, andavano alla ricerca del legno da bruciare. La notte della vigilia andavano a rubare la legna negli altri quartieri per vincere la competizione. Intorno alle vampe si assisteva a scene che rimandavano chiaramente a un rituale: i bambini saltavano e danzavano attorno al fuoco. Purtroppo la Vampa di S. Giuseppe è gradualmente caduta nel dimenticatoio, anche a causa della tangibile crisi di identità di cui soffre il nostro territorio, ma l’odore di legna bruciata la sera della vampa insieme a quello della primavera incipiente è rimasto nella nostra memoria olfattiva e suscita ancora un senso di nostalgica appartenenza all’antica tradizione.Le tradizioni di san Giuseppe oltre che l’olfatto sollecitano l’udito con le suggestive sonorità dei tammurinari, “Un c’è festa siddu si un c’è tammurinu”.
Il rullo dei tammurinari ha sempre annunciato l’imminenza della festa di San Giuseppe, ha accompagnato la processione, ne ha contrassegnato l’inizio e il passaggio e ha sempre seguito l’icona del Santo in processione per le vie del paese.
All’alba del primo giorno di festa i tammurinari danno un saggio della loro maestria attraversando le vie principali del Paese al suono di tamburo.
Successivamente, nei vari momenti della festa, i tammurinari si radunano in cerchio e uno di loro, assumendo il ruolo di capo tamburo, dà inizio all’esecuzione che, avvolgendo con il caratteristico ritmo e il crescente andamento, trasporta in un universo di sonorità arabeggianti. La gestualità dei suonatori, il ritmo del battere, l’improvviso arresto e il ricominciare danno vita ad un’ armonia unica e inimitabile. Il ritmo, la gestualità, la mimica dei suonatori catalizzano l’attenzione di tutti.
San Giuseppe, Santo universale, protettore della famiglia e dei falegnami, dei poveri e degli orfani, in Sicilia viene festeggiato con una speciale ritualità che intreccia, straordinariamente, sacro e profano. La nostra scuola ha allestito la “cena” o “tavolata” di San Giuseppe con l’obiettivo di far rivivere un’usanza che risale alla devozionalità tipica del Medioevo, quando a partecipare alle “cene” erano tre poveri della comunità, nella personificazione della Sacra Famiglia. Le tavolate venivano preparate dalle famiglie benestanti che offrivano gratuitamente il cibo, in segno di devozione a San Giuseppe.
Tuttavia, con il passare del tempo, questa usanza, come tante altre, è stata dimenticata. La nostra comunità scolastica si propone l’obiettivo di recuperare l’identità e il senso di appartenenza attraverso momenti di aggregazione comunitaria e l’attività posta in essere persegue con determinazione il su citato obiettivo. Lo spazio conviviale, scenograficamente ricco, richiama un boccascena barocco, coronato di rami di alloro, in cui risaltano trionfi di pani, artisticamente decorati. Un vero e proprio altare votivo, traboccante di: cucciddati , pani a forma di stella; a’ parma, pani intagliati a forma di palma (in ricordo della palma da datteri che nutrì la Sacra Famiglia durante la fuga in Egitto); i vastuni, pani forgiati in forma di bastone fiorito dedicati a San Giuseppe.
Oltre a questi pani devozionali, nella “cena” bagherese compaiono una miriade di altri pani dalle forme più svariate che si rifanno sia alla mitologia cristiana, come i jadduzzi, i galletti di San Pietro, che alla tradizione pagana (fiori, pesci, uccelli, astri celesti). Le sapienti mani delle mamme dei nostri alunni più esperte, a cui se ne è affidata la fattura, hanno saputo creare veri capolavori in miniatura dalle forme più varie. I panuzzi che padre Giovanni La Mendola benedirà nel “tempio” verranno via via offerti ai visitatori perché possano cibarsene come pane dell’anima e crescere insieme nella carità e nell’amore.
E allora: ”Viva San Giuseppe, viva!”.