Macaluso l’avrò incontrato un paio di volte in occasione di dibattiti e di presentazione di libri. Niente di importante.
Nel 2012 pubblicai “I due carceri di Gramsci. La prigione fascista e il labirinto comunista” (Donzelli). Il libro fu molto discusso (e anche criticato) nei giornali. Tramite un amico comune lo feci avere a Macaluso. Le tesi portanti del libro erano due.
(a) I “Quaderni” più che opera comunista e marxista sono un ripensamento critico in chiave liberale o, se preferite, non totalitaria del comunismo marxista. Detto in altre parole, anticipano quello che sarebbe stato il post-comunismo che altro non è che una delle tante versioni della socialdemocrazia.
(b) Notavo alcuni indizi che facevano pensare che da Togliatti fosse stato occultato uno degli ultimi Quaderni, scritti da Gramsci nella clinica Quisisana di Roma, dove questa componente doveva essere più evidente. «Occultato in attesa di tempi più adatti» – fu il commento di D’Alema in un dibattito romano. Un Gramsci liberal-comunista o socialdemocratico sarebbe stato troppo indigesto per i comunisti del dopoguerra. Sul secondo punto Macaluso mi scrisse dicendomi che quelli erano tempi in cui era possibile che ciò accadesse. Mi consigliò di fare leggere il libro a Napolitano che poteva essere informato dei fatti. Alla mia richiesta su come farlo recapitare al Presidente della Repubblica mi rispose che non era il caso di mandarglielo per posta ordinaria perché si sarebbe confuso coi cento e più libri che riceveva quotidianamente. Se glielo spedivo al suo indirizzo privato in busta chiusa e con una lettera di accompagnamento l’avrebbe portato lui al Presidente. Ricevetti una lettera dal Quirinale in cui mi si diceva che il Presidente non era a conoscenza, nemmeno dai colloqui con Sraffa, di Quaderni gramsciani occultati. Risposi a mia volta e tutto finì lì.
A partire da quell’episodio mi capitò di scambiare commenti politici con Macaluso.
La foto è di Pietro Pagano in un comizio tenutosi a Bagheria a piazza Madrice negli anni 80