di Antonino Russo
Da qualche tempo mi frulla in testa l’abusata frase: “Si stava meglio quando si stava peggio.”
Ricordare la vita a Bagheria negli anni cinquanta,sotto certi aspetti, è avvilente. C’era ancora un po’ di fame in giro e in maniera diffusa. il paese, però, aveva un’apparente tranquillità.
La gente si chiudeva in casa per paura dei ladri, ma solo i ricchi correvano seri rischi: i poveracci avevano poco da temere.
Le possibilità di festeggiare erano così rare che la festa di San Giuseppe era un avvenimento atteso tutto l’anno. Si continuavano ad usare i vestiti giunti con i pacchi dall’America,ma si andava vestiti in maniera dignitosa,non certo alla moda. Le gioie della vita erano poche,ma avevano un valore enorme. I bambini uscivano dalle scuole materne ed elementari e andavano da soli a casa,rigorosamente a piedi,qualunque fosse la lunghezza del tragitto. La solidarietà tra i ragazzi era tanta e l’amicizia era un valore. I miei amici sono ancora quelli di Bagheria di allora. Ho provato in questi cinquant’anni ad integrarli,ma non mi è mai riuscito.
Bagheria è ancora il rifugio sicuro che era negli anni cinquanta?
Ho i miei dubbi. Intanto le generazioni si sono succedute e forse quella attuale non ha più una precisa identità. E’ questa che si è persa?
Se è così,non è poco!
Antonino Russo