PALERMO – Si è aperto, oggi, con il rito abbreviato, presso il Tribunale di Palermo, il processo a carico dell’ex ministro all’agricoltura del governo Berlusconi Saverio Romano. Romano nel 2001 venne eletto parlamentare nel collegio di Bagheria nelle file dell’Udc.
La requisitoria del processo a carico di Romano è stata fatta dal pubblico ministero Nino Di Matteo. L’accusa è di concorso esterno in associazione mafiosa.
Per il magistrato non è possibile comprendere la vicenda Romano se non si analizza alla luce del contesto comune con quella dell’ex governatore siciliano Salvatore Cuffaro condannato per favoreggiamento aggravato alla mafia a 7 anni di carcere. Un’impostazione, quella della Procura, che spinge il pm a partire da lontano: da quando nel ’91 Saverio Romano e Salvatore Cuffaro, secondo l’accusa, andarono a chiedere i voti per le elezioni ad Angelo Siino, l’uomo che ha gestito gli appalti, per anni, per conto di Cosa Nostra. Ma per il pm l’anno centrale nella carriera dei due politici è il 2001: anno in cui Cuffaro viene eletto governatore e Romano deputato, nel collegio di Bagheria. «È l’anno – spiega Di Matteo – in cui Romano deve onorare le cambiali staccate quando da giovane corteggiava e blandiva i boss per acquisire spazio ed esercitare potere».
Due gli episodi di cui il pm parla: la candidatura alle regionali del 2001 di Mimmo Miceli, «uomo» del boss Guttadauro poi condannato per mafia, e quella di Giuseppe Acanto, sponsorizzato, secondo l’accusa, dal clan di Villabate. Entrambe le candidature sarebbero state sostenute da Romano. Di Matteo ha parlato poi a lungo delle accuse rivolte a Romano dal collaboratore di giustizia Francesco Campanella che ha riferito di avere saputo dal capomafia Nino Mandalà che l’ex ministro «era a disposizione della famiglia di Belmonte Mezzagno».