Sono appena trascorsi 40 giorni dall’inizio del nuovo anno e ad oggi viviamo sospesi come in una bolla di incertezza quotidiana o meglio usando un termine da “boomer” non “gira” come ci auspicheremmo e dagli scenari politico-economico a breve-medio termine non arrivano segnali confortanti.
Diciamocelo apertamente abbiamo vissuto un 2022 pieno di dubbi, incertezze, spauracchi, all’insegna della pandemia da COVID- 19, la catastrofica guerra tra Russa ed Ucraina ed ora (2023) anche il devastante terremoto in Turchia; tutti fattori deleteri e determinanti per l’economia del nostro Paese.
Aumento carburante, gas, elettricità, tassi di interesse, sono tutti fattori che stanno spingendo molte imprese verso il fallimento.
Tutti ci aspetteremmo che il 2023 sia un anno di cambiamento, di rinnovamento, di crescita, di sviluppo, di stimolo per un Paese “vulnerabile” in ogni dimensione, compresa anche quella politica, ma ancor di più “credibile” economicamente.
Non sono i crediti di imposta, quali aiuti di stato, a salvaguardare il futuro delle imprese; L’Italia NON è una Repubblica fondata sugli aiuti di stato; il processo inflazionistico è galoppante e la disoccupazione disarmante. Non si intravede un equilibrio all’orizzonte e come se non bastasse vi sono ampi motivi per ritenere che l’intervento della politica non trovi una risposta ad una situazione già pessima.
• Assenza di programmazione
• Manovra di bilancio depenalizzante;
• Disallineamento tra domanda ed offerta di lavoro;
• Inesistente meritocrazia e giovani disillusi;
Il nostro sistema economico è in affanno e lo dimostrano le continue difficoltà finanziarie delle aziende che non riescono a trasformarsi o quantomeno superare la crisi. La condizione di scarsa adattabilità ai cambiamenti, una consistente disoccupazione reticente alla richieste lavorative per causa di un assistenzialismo statale, una burocrazia farraginosa, creano i presupposti di criticità tale da essere definite in sofferenza per un mercato in continua evoluzione.
Un passo di cambio è ancora possibile laddove coesistono tematiche inerenti alla competenza, competitività ed investimenti; la scelta delle competenze tecniche per la progettualità dei fondi PNRR e la sfida della competitività consentirebbe di stimolare gli investimenti necessari per una spinta all’economia italiana. Se tali presupposti non trovano ampio spazio nel mercato economico e la politica non affronta le cose secondo complessità, questo sistema politico-economico, così stigmatizzato, tenderà a renderci una società non più Signorile quanto “impoverita di massa”.