Sin dal Seicento a Bagheria nello scenario dell’aristocrazia bagherese dei Branciforti, dei Gravina Cruyllas, dei De Cordova, dei Tomasi, degli Alliata e altre importanti dinastie, ha calcato il palcoscenico il Jet set internazionale, intrecciando amori che hanno dato vita a storie e ispirato leggende dal fascino esotico e irresistibile.
In questo ambiente frequentato anche da artisti: pittori, fotografi, registi e in particolare scrittori, affiorano storie e performance insolite, come quella dell’intonarumori con la voce di Salvador Dalì che dal “Trono di spade” esclama all’esotica Vicky Alliata: “Proprio a me doveva capitare una siciliana che non vuole posare nuda …”.
Conoscendo la grande apertura mentale e le ampie vedute di idee della principessa, appare misterioso il diniego, soprattutto non sapremo mai se questa decisione ha fatto abortire qualcosa che protendeva ad una storia d’amore, tra Vicky e “Avida Dollars”, alias Salvador Dalì.
Ma se Vicky non posò nuda per Salvador Dalì lo fece l’eclettica zia Topazia per Renato Guttuso? Tra i due albergava già una storia d’amore, semiclandestina visto che la famiglia l’aveva promessa in sposa ad un conte inglese, ma per un lieto fine della parabola Topazia sposò per amore Fosco Maraini.
Questi frame di storia giovanile di Topazia, a lungo sottaciuti e raccontati all’occorrenza, secondo una mia ricostruzione, sono collegati con la genesi di un dipinto, un olio su tavola databile intorno al 1931, senza titolo e senza firma, che raffigura una sensuale ragazza nuda. Questa splendida ragazza potrebbe essere appunto Topazia.
L’opera, sessant’anni dopo, venne titolata “Arsura. Donna alla fonte”, un titolo realmente esistito dal momento che pare comparve su un articolo di giornale dell’epoca, probabilmente riferito a qualche opera tra quelle bruciate dal curatolo di Villa Valguarnera, don Gaetano Trapani, su disposizione del Principe Enrico Alliata, per far posto ai prodotti agricoli che si producevano nel giardino della Villa.
Nel 2005 l’opera venne anche firmata da Topazia Alliata a suo nome, il resto lo hanno fatto i critici e i giornalisti nel tentativo di ricostruire il percorso espositivo del dipinto, che forse non c’è mai stato. Da questo momento, a cascata, titolo, anno, autore, più queste notizie riguardanti il percorso espositivo, vengono riportate nei cataloghi delle mostre dove il dipinto verrà esposto.
Adesso, con questi precedenti, è difficile in quattro e quattr’otto poter dimostrare che questo dipinto, firmato da Topazia per una serie di congiunture, in realtà sia stato realizzato da Renato Guttuso, sia per le reticenze di chi sa, ma anche per gli atti concreti che hanno prodotto gli stessi protagonisti: Guttuso che scrive sul retro di una foto dell’opera“ autoritratto di Topazia Alliata”¹ e Alliata che nel 2005 la firma a suo nome². Ciò nonostante, io cercherò di imbarcarmi nella impresa ciclopica di tentare di ricostruire la verità.
Diversamente non si potrà fare, tranne che non si voglia ricorrere al “metaverso”, ma questo non lo farò io che amo la verità dell’anima, come quella vissuta nelle scuderie di Villa Valguarnera, il rifugio/atelier dei due innamorati Topazia e Renato, che in quegli anni si erano guadagnati l’appellativo ironico dall’amico Nino Franchina “Pazia-Nato”, anagramma delle finali dei loro nomi.
Chissà se un eventuale verdetto a mio favore su questa vicenda sarà sufficiente per annullare l’attuale attribuzione del dipinto, stabilendo una volta per tutte che quel nudo di straordinaria sensualità è stato dipinto da Renato Guttuso, forse pensato da “Pazia-Nato” come simbolo della donna libera, ragion di vita della duchessa Topazia Alliata di Salaparuta.
NOTE:
¹ Erano i primi anni Ottanta, quando mostrai insieme ad altre foto di suoi dipinti da autenticare questo nudo a Renato Guttuso. A differenza di tutti gli altri dipinti questo lo turbò parecchio e lo osservò per un lungo tempo, poi arrivò Mimise e accostandosi a Renato iniziò anch’essa a osservarlo; solo allora Renato rivolgendosi a me in modo apparentemente irritato disse: questo è l’autoritratto di Topazia e girando la foto lo scrisse anche dietro. Era molto evidente che volesse stroncare sul nascere una scena di gelosia.
² Alla morte di Guttuso, Topazia, proprietaria del dipinto, mancando la possibilità di farlo firmare a Renato, lo concede in deposito temporaneo al Museo Guttuso, senza firma, senza data e senza titolo, fin quando un giorno, in occasione della presentazione di un libro di sua figlia Toni al Museo, Topazia lo firma e lo data.