Ventidue anni fa la mafia uccideva Libero Grassi, imprenditore che aveva detto no alle richieste di pizzo.
Grassi venne ucciso la mattina del 22 agosto del 1991 mentre stava andando ad aprire la fabbrica di camice.
Molte le iniziative per ricordarlo. Alcune si sono svolte ieri.
Oggi, dopo la rituale commemorazione alle 7,45, orario in cui venne ucciso, a alle 9.30 una colazione di consumo critico al bar Due Palme, nell’omonima piazzetta, in sostegno del titolare dell’esercizio che ha denunciato i suoi estorsori. Alle 11 in prefettura, la Fai presenta “Zoom sui processi al racket” per fare il punto nella lotta al pizzo e alle estorsioni.
Nel pomeriggio le manifestazioni in ricordo di Libero Grassi si sposteranno alla Galleria d’Arte Moderna, con il patrocinio del Comune di Palermo, assessorato alla Cultura. Si comincia alle 17.00, con la mostra a cura di Addiopizzo “1861 – 2011.
50 anni di mafia e antimafia”, con visite guidate da Addiopizzo Travel e Addiopizzo Young e con l’esposizione “Uno straniero in casa”, di Rosaria Randazzo.
Segue, alle 17.30, la presentazione di diversi progetti di legalità delle associazioni Giorgio Ambrosoli, Addiopizzo, cooperativa sociale Solidaria, fondazione progetto Legalità, progetto sociale Siulp, con gli interventi dell’assessore regionale all’Istruzione, Nelli Scilabra, e di Barbara Evola, assessore comunale alla Scuola.
Chi era Libero Grassi
Nato a Catania, ma trasferitosi a 8 anni a Palermo, genitori gli danno il nome di Libero in ricordo del sacrificio di Giacomo Matteotti. La famiglia è antifascista e il ragazzo matura anch’egli una posizione avversa al regime di Benito Mussolini. Nel 1942 si trasferisce a Roma, dove studia scienze politiche durante la seconda guerra. Entra in seminario, “decisione questa presa, non per una vocazione maturata nell’avversità della guerra, bensì per il rifiuto di combattere una guerra ingiusta al fianco di fascisti e nazisti”.
Ne esce dopo la liberazione, tornando a studiare. Passa però alla facoltà di giurisprudenza all’Università di Palermo.
Prosegue l’attività del padre come commerciante. Negli anni cinquanta si trasferisce a Gallarate, dove entra nel meccanismo dell’imprenditoria; in seguito torna nel capoluogo siciliano per aprire uno stabilimento tessile. Nel 1961 inizia a scrivere articoli politici per vari giornali e successivamente si dà anche alla politica attiva con il partito repubblicano, dal quale viene nominato, nella seconda metà degli anni settanta, “suo rappresentante in seno al consiglio di amministrazione dell’azienda municipalizzata del gas”.
Dopo aver avuto alcuni problemi con la fabbrica di famiglia, viene anche preso di mira da Cosa Nostra, che pretende il pagamento del pizzo. Libero Grassi ha il coraggio di opporsi alle richieste di racket della mafia, e di uscire allo scoperto denunciando gli estorsori. I suoi dipendenti lo aiutano facendo scoprire degli emissari, ma la situazione peggiora.
La condanna a morte di Grassi arriva con la pubblicazione sul Giornale di Sicilia di una lettera sul suo rifiuto a cedere ai ricatti della mafia. La sua lotta prosegue in televisione, intervistato da Michele Santoro a Samarcanda e varie televisioni anche estere.
Libero Grassi fu lasciato solo nella sua lotta contro la mafia, senza alcun appoggio da parte dei suoi colleghi imprenditori, venendo infine assassinato il 29 agosto 1991.
Per il suo omicidio sono stati condannati nel 1997 Marco Favaloro, mentre nel 2004 vari boss fra cui Totò Riina, Bernardo Provenzano e Pietro Aglieri.
notizie tratte da wikipedia