Si sono svolti questa mattina i funerali di Carmela Petrucci, la giovane 17enne uccisa a coltellate da Samuele Caruso, ex fidanzato della sorella, Lucia, rimasta gravemente ferita.
I funerali si sono svolti nella chiesa di Sant’Ernesto, alla presenza di almeno mille persone.
Moltissimi i giovani arrivati da tutta la città.
L’omelia è stata pronunciata dal cardinale di Palermo Paolo Romeo.
Per l’importanza, abbiamo deciso di pubblicare l’intera omelia del cardinale.
“C’è tanta commozione dentro di noi ed attorno a noi. Con il cuore gonfio di dolore attraversiamo un momento di prova appesantito da tanti “perché?”. E sperimentando soprattutto un enorme vuoto dentro, per la perdita di Carmela.
Dentro di noi troviamo, per la verità, anche rabbia ed orrore, ma ugualmente riconosciamo che ciò non risolve il vuoto che continuiamo a vivere. La rabbia è sempre una sconfitta, e questa mattina non possiamo essere perdenti.
Piuttosto vogliamo tenerci uniti insieme, forti in un unico abbraccio che può esprimere e costruire molto di più. E ancora una volta stringerci forte attorno a Carmela, che, in modo diverso, nella vita di Dio, continua ad essere anche oggi in mezzo a noi, dicendo a tutti il suo “grazie” per ritrovarci tutti qui.
Nella fede, ci lasciamo consolare e fortificare proprio da quanto Gesù ci ha detto nel Vangelo: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”.
Ed è il momento in cui la nostra fede deve farsi preghiera. Anche quella “fede quanto un granello di senapa” può farci guardare ed andare avanti. Anche quel poco di fede che rimane, razziato e depredato dalla violenza di questi eventi, o esausto per le lacrime della nostra sofferenza… Anche questa fede poca e povera si rivolge oggi a Gesù Cristo, Colui che, attraversando la morte, l’ha vinta definitivamente con la sua Risurrezione. Solo Gesù può ascoltare la nostra preghiera bagnata di lacrime! Solo lui, il Vivente, può risollevarci e ridare speranza al nostro cuore!
La nostra preghiera è per Carmela che già sorride nelle braccia della Misericordia di Dio. È per Lucia, che, grazie al sacrificio della sua amata sorella, riprenderà a sorridere tra qualche tempo. La nostra preghiera è per la loro famiglia, alla quale ci siamo stretti in questi giorni di tragico dolore, anche con il nostro silenzio rispettoso e partecipe. E la nostra fede – povera, ferita – si fa preghiera anche per Samuele. Sì! Anche per lui oggi è necessario pregare il nostro Dio misericordioso perché anche per lui si apra il cammino del pentimento.
Le vittime di questa tragedia non sono solamente Carmela e Lucia. Sono state colpite le nostre famiglie, le nostre relazioni, la comunità scolastica del Liceo Umberto I, l’intera nostra Palermo, l’intera società.
Ma se questi evanti ci coinvolgono tutti nelle conseguenze, ci accomunano tutti nel clima che le ha generate. C’è come una radice comune che troviamo quando ci volgiamo a considerare l’insondabile abisso del cuore umano con tutta la sua capacità di scegliere fra il bene e il male, di disegnare, giorno dopo giorno, col bene, la bellezza della vita, ed ugualmente di sfigurarla, anche in pochi istanti, con il male.
Chi pensa che il “mostro” sia soltanto fuori sta pensando in modo semplicistico e deresponsabilizzante. E non trova altra via che additare il male fuori di sé, per dimenticarsene, per esorcizzarlo. Non è così. Siamo tutti coinvolti…
Non domandiamoci il perché di questa morte… Dovremo inevitabilmente arrestarci di fronte alla sua incomprensibilità. Per rimanere poi in preda alla disperazione… No! Domandiamoci piuttosto qualcosa su noi stessi e sulla nostra vita… Sì, è proprio così: possiamo interrogarci sulla morte, a patto che sia la morte a interpellare la vita.
Carissimi giovani, presenti così numerosi questa mattina! La relazione con l’altro è qualcosa di serio e di sacro. Perché ciascun uomo è sacro: Cristo ha dato la vita per ciascuno di noi, infinitamente prezioso agli occhi di Dio! La relazione con l’altro è l’incontro tra due libertà, tra due dignità, tra due volontà. Per questo l’altro può anche deludermi. È un suo diritto. E per questo io non posso disporne a mio piacimento. È un mio dovere.
Quando dell’altro mi interessano pezzi, aspetti, qualità… Quando penso che l’altro debba essere esattamente come dico io, a mio uso e consumo… Quando penso di gestire la sua vita, ma soprattutto quando lo penso esclusivamente per me, ossia quando confondo l’amore con il possesso… Allora, ogni volta che l’altro si dimostra come è realmente, cioè diverso da me, corro il rischio di rimanere deluso, di percepire la sua diversità e la sua libertà come un rifiuto.
Cari giovani! Tenete bene aperti gli occhi! Respiriamo sempre di più uno stile di relazioni “monche”, che intratteniamo con pezzi di persona, quelli che più ci appagano. E quando ci scontriamo con la realtà, esplode il conflitto. E c’è il rischio reale che dinanzi al conflitto con gli altri, dinanzi alla delusione della vita, quando non incontriamo il consenso, ci troviamo sguarniti, rimaniamo privi di senso. C’è il rischio di pretendere che l’altro continui ad essere mio possesso, e così le vie più semplici ed immediate – compresi risentimento e violenza – possono essere le più battute per far valere le mie ragioni.
Cari giovani, non lasciatevi ingannare da un modo di entrare in relazione che non rispetta l’incontro fra due persone, l’incontro fra due libertà! Non posso cadere nella superficialità di universi virtuali in cui di me faccio vedere solo ciò che mi conviene e pretendo dall’altro solo ciò che “mi piace”. Abbiate reale conoscenza di voi stessi e degli altri, di ciò che si è, anche nella sconfitta e nel fallimento, senza rifugiarvi in percorsi immaginari o stereotipi diffusi.
Tutto questo banalizza, svende, distrugge la persona e la bellezza dell’incontro autentico! Questo fa deviare verso il possesso dell’altro, non verso la donazione reciproca! E le conseguenze della mercificazione delle relazioni, della logica del possesso sull’altro, insieme ad una rabbia incontrollata che è diventata violenza e morte, stanno in questi giorni sotto i nostri occhi.
Chiedetevi, carissimi giovani, chiediamoci: c’è un antidoto a tutto questo? C’è un antidoto che possa guarirci da questi veleni pestiferi che rischiano di venirci a possedere il cuore, fin negli angoli in cui batte ancora vita e speranza?
Cari giovani, questo antidoto, per queste giornate così tristi, come per ogni nostro dolore, ce lo ha annunciato San Giovanni: “Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida”.
È l’amore! È l’amore che costruisce! È l’amore che si dona! L’amore soltanto supera tutto, spera tutto, sopporta e sostiene tutto! L’odio e il rancore mietono ancora vittime. È facile stigmatizzare gli omicidi come coloro che sferrano il colpo, ma nel momento in cui odiamo, tutti siamo omicidi.
Volete rimanere nella morte? Volete fermarvi a questo giorno? Nel vostro cuore rispondete: no! Vorreste gridarlo, vorreste farlo sentire che non siete fatti per rimanere nella morte! la vostra fame e sete di bene e di bellezza, anche oggi che il male sembra aver prevalso, questo desiderio di infinito che portate in voi è senza precedenti! Allora fatelo sentire al mondo in un solo modo: amate!
Solo chi ama passa “dalla morte alla vita”, e voi, soprattutto voi, avete tutte le potenzialità per far questo. Il Signore, oggi, vi chiede di lasciarvi interpellare da questo buio della morte che state duramente presentando e sperimentando.
E la vostra risposta sia piuttosto la voglia di stare uniti nel volervi bene e nel costruire il bene essendo protagonisti del vostro futuro. Rintracciate ancora dentro di voi vita e speranza e dategli voce, una voce che sia più solare delle lacrime di stamattina, una voce che sia più forte delle urla di rancore e di vendetta. Perché se siamo solamente prigionieri delle lacrime, e se siamo solamente ammaliati dal desiderio di punizione, siamo ancora vittime, schiavi di una nebbia tenebrosa in cui non si può vedere alcuna meta.
Questa voglia di stare uniti e volerci bene ci fa stringere con affetto alla famiglia di Carmela. Perché se grande è il dolore che proviamo nel cuore per la sua assenza, incommensurabile è quello dei suoi genitori, della cara nonna, del suo fratello Antonino e della sorella Lucia nel cui sorriso vivrà sempre unito anche quello amabile della loro “bambina”.
Gesù dice: “Io sono la via, la verità e la vita”. Su quanto di buono c’è in noi, su quanto possiamo costruire nei nostri gruppi, nelle nostre famiglie, nella nostra comunità scolastica, con gli amici, Gesù Cristo viene a gettare una luce che è la sua Risurrezione. Da soli non ce la possiamo fare! Rimarremo sempre invischiati nella nostra superficialità e nei nostri egoismi. E rischieremo di far vincere la parte peggiore di noi.
Per intercessione della Vergine Maria, Madre dolcissima, questa speranza la invochiamo oggi per Carmela, e per tutti noi, perché possiamo ancora essere uomini e donne profondamente innamorati della vita e della gioia, e perché riscopriamo nel nostro rapporto con Cristo, anche l’autentico rapporto con l’uomo, con i fratelli che ci stanno accanto.
Perché riscopriamo ogni giorno e sempre più che la salvezza e la speranza sta nel comandamento dell’amore vissuto in pienezza: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore… Amerai il prossimo tuo come te stesso”. L’amore a Dio e l’amore ai fratelli sia sempre l’ancora salda e la risposta certa della nostra vita, perché sia visibile anche in noi che solo l’amore è più forte, eternamente più forte, della morte.”
(foto tratta da palermo.repubblica.it)