Il boss Totò Riina è tornato a minacciare il Pm Nino Di Matteo.
Lo ha fatto dal carcere contro il magistrato che indaga sulla trattativa Stato-mafia. E approfitta ancora una volta dell’ora d’aria condivisa con il capomafia della Sacra Corona Unita, Alberto Lorusso, per lanciare i suoi strali contro il pubblico ministero – dice – che lo fa impazzire.
«Questo Di Matteo non ce lo possiamo dimenticare. Corleone non dimentica», si sfoga il padrino di Corleone. Il boss pugliese, che il giorno prima ha saputo dell’intenzione di trasferire Di Matteo, in una località segreta proprio alla luce delle parole di Riina, chiede al capomafia: «Come farai se lo spostano?». E Riina risponde pronto: «Tanto sempre al processo deve venire».
Affermazioni che tradiscono un odio profondo verso il pm oggetto di insulti pesanti e minacce di morte. «Gli finisce come a Falcone che voleva venire a vedere la mattanza e poi ha fatto la fine del tonno», dice il boss a Lorusso. «Quello si vuole portare a tutti (vuole arrestare tutti ndr), pure il Presidente della Repubblica», commenta dopo l’udienza del processo sulla trattativa in cui si è discusso della citazione a testimoniare del Capo dello Stato. E ancora, sempre riferendosi a Di Matteo: «fa dire le cose alle persone, tira fuori tutto», dice.
Quello che viene fuori dalle conversazioni intercettate per quattro mesi dalla Procura di Palermo è un Riina in preda a una vera e propria esaltazione della «sua» Cosa nostra e delle violente gesta portate a termine sotto al suo potere, un Riina che rivendica le stragi, che vorrebbe stare fuori per fare vedere come si comanda e che prende atto che le nuove leve al vertice non sono alla sua «altezza». (gds.it)