di Pino Fricano
“La passione infatti ricomincia ogni giorno, cambiano i crocifissi, ma il dramma è lo stesso.
Milioni e milioni di indifferenti, di coloro che se ne lavano le mani, che tacciono di fronte le ingiustizie più assurde. Moderni operatori di male che con il loro peccato rendono più ingiusto il mondo. Vengono, poi, i carnefici: anche oggi attacchi alla vita fisica e morale impediscono all’uomo di essere se stesso nel pieno esercizio della propria libertà.
E la vittima e sempre la stessa … E noi da quale parte vogliamo schierarci?
Chi sarà Simone di Cirene? Chi sarà Giovanni?, Chi Pietro, chi Giuda?”
Danilo Zanella – parroco di Monteortone, Padova
Ritengo opportuno affrontare il tema del travaglio politico amministrativo che ha vissuto la nostra comunità nell’ultimo decennio, sino agli sviluppi degli ultimi giorni, a partire dal contesto quaresimale e pasquale, provando a restituirne, il più possibile, una lettura storico-laica.
Molti di noi in questi giorni saranno chiamati a riflettere sulla storia del “figlio dell’UOMO” che provò a sfidare il potere costituito, i sui simboli, le sue istituzioni, i “sepolcri imbiancati”, su come il potere si coalizzò per “far fuori” chi aveva sfidato ruoli e privilegi.
Rifletteremo anche sulla sfida che fece ad un radicalismo di protesta foriero solo di sventura (gli Zeloti) , proponendo la mitezza, anteponendo l’annuncio alla denuncia.
Proposta ripresa nella recente esortazione di Papa Francesco:“ E’ tempo di sapere come progettare, in una cultura che privilegi il dialogo come forma d’incontro, la ricerca di consenso e di accordi, senza però separarla dalla preoccupazione per una società giusta, capace di memoria e senza esclusioni”.
Rifletteremo su un processo farsa, su come le menzogne, oltre l’evidenza, si fanno passare per verità, per condannare i giusti ed assolvere i colpevoli.
Rifletteremo sulle folle che tifano per i demagoghi (Barabba) e ignorano il Giusto.
Rifletteremo su come anche i testimoni diretti del vero progetto di liberazione, dormono, fuggono, rinnegano la loro esperienza, lasciano solo il Giusto: è difficile la strada del coraggio, dell’impegno, della coerenza, della testimonianza, della rinuncia!
Come ci racconta R. Giuè citando E. Balducci: il “doveva” andare di Gesù a Gerusalemme “e venire ucciso” non era altro che la conseguenza della scelta che già aveva fatto quando, nelle tre rinunce simboliche del deserto, aveva rinunciato al benessere, al potere, alle amicizie dei potenti e ai facili miracoli “E’ quello che Pietro non capiva”.
Forse siamo tutti Pietro, tutti Satana, disponibili ad abbracciare la causa del “guaritore” quando è vincente, riottosi quando quella causa può scontare la sconfitta; di fronte al dramma imminente siamo ancora lì a chiederci, chi sarà al primo posto e chi al secondo, chi sederà a destra e chi a sinistra.
Rifletteremo su un piccolo popolo, arrogante e presuntuoso, che riteneva di avere una marcia in più, un alleato potente da gestire in esclusiva, che rifiutò l’annuncio di chi, lo voleva ricollocare dentro i destini di tutta l’umanità e continuò ad andare verso la diaspora, verso il dramma, verso un futuro in cui non avrebbe trovato mai pace.
Rifletteremo sulla testimonianza di un UOMO che seppe osare, la coerenza, la testimonianza e con questo si guadagnò una dignità che lo poneva e lo pone al di sopra delle miserie e delle paure del nostro quotidiano.
La storia di quell’UOMO è la storia di molti uomini di buona volontà, che in qualche caso hanno pagato anche col martirio, in molti casi pagano, comunque in prima persona, con l’emarginazione e la solitudine la sfida al potere costituito e l’amore per la verità e la giustizia.
Forza dei giovani e sapienza dei vecchi: per fare certe cose a 60 anni bisogna essere Mandela, a 30 anni, forse a 40, si ha la forza per la testimonianza solitaria, per lanciarsi a petto nudo contro le pallottole del nemico, per accettare il ruolo di capro espiatorio, di una comunità abituata a delegare, ancora troppo lontana da un progetto in cui ci sia il noi.
Ho rivisto di recente “noi credevamo”, “la meglio gioventù”, “i cento passi”, sono storie di coraggio, di dignità, di coerenza, ma sono storie di giovani.
Abbiamo fatto l’Italia, dato maggiore benessere e maggiore libertà, abbiamo ridimensionato il potere del “male”, ma abbiamo anche fallito, siamo lontani dalla costruzione di una società più giusta, più vera, diun popolo consapevole e responsabile.
Ancora Papa Francesco ci esorta: “Nessuno si salva da solo, cioè né come individuo isolato né con le sue proprie forze. Dio ci attrae tenendo conto della complessa trama di relazioni interpersonali che comporta la vita in una comunità umana…..chi sono quelli che nel mondo attuale si preoccupano realmente di dar vita a processi che costruiscano un popolo, più che ottenere risultati immediati che producano una rendita politica facile, rapida ed effimera”.
In Sicilia il vento del cambiamento arriva sempre in ritardo, appesantito da un trasformismo duro a morire, anche qui da noi, costruire i “nuovi bagheresi” sarà un percorso lungo e complesso, sconteremo, purtroppo, ancora anni di sofferenza, ma dobbiamo insistere, se in quella complessa trama di relazioni interpersonali non ci sono le condizioni per una nostra partecipazione alle primarie, non dobbiamo rinunciare a continuare a seminare per riprendere il cammino di buon governo della nostra comunità.
Abbiamo il dovere di esorcizzare il rischio che P. Francesco coglie: “Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata”.
I bagheresi ancora rimpiangono il periodo in cui, pur sotto il dominio del male, come gli ebrei in Egitto, si potevano “abbuffare di cipolle”, non hanno ancora capito che bisogna guardare verso la terra promessa recuperando la tradizione della Bagheria degli anni 50 e 60 e non di quella degli anni 70 e 80.
Un futuro per Bagheria potrà venire solo se riprenderemo la strada del duro lavoro, occorrerà coniugare col presente la tradizione del pomodoro in scatola e dei verdelli, dobbiamo lasciarci alle spalle lo scafazzo e le raffinerie di eroina.
Concludendo, sempre con Papa Francesco: “abbiamo bisogno di una certezza interiore, cioè della convinzione che Dio può agire in qualsiasi circostanza, anche in mezzo ad apparenti fallimenti, … Uno è ben consapevole che la sua vita darà frutto, ma senza pretendere di sapere come, né dove, né quando … non va perduta nessuna generosa fatica, non va perduta nessuna dolorosa pazienza”.
Saremo nelle liste del PD coi nostri candidati, come sempre faremo, con umiltà, con onestà e con responsabilità, la nostra parte, per preparare tempi migliori.