Dopo quattro anni e undici mesi di detenzione, Salvatore Cuffaro torna ad essere un uomo libero.
E’ uscito oggi dalla prigione romana di Rebibbia. Ha atteso giornalisti e telecamere per sottoporsi a tutte le domande, scatti e riprese. E non si risparmia nel parlare della sua vita da galeotto e del suo futuro da volontario per le persone che ha lasciato in cella e per i malati in Africa.
«È bello tornare a respirare la libertà», sono le prime parole dell’ex governatore condannato per favoreggiamento alla mafia dopo aver terminato di scontare la pena. Che ritrova subito l’eloquio e anche un po’ di retorica del Cuffaro che fu. Con momenti di commozione che appaiono sinceri. Guarda verso il raggio di luce che lo colpisce e aggiunge: «Questa luce che mi penetrata negli occhi mi è arrivata al cuore, come se stesse squarciando le tenebre di questi anni. Per comprendere appieno il valore della libertà bisogna pagare un prezzo alto. Io ho commesso degli errori, non voglio nascondermi, e li ho pagati, a differenza di altri. Nella mia coscienza mi sono sempre considerato innocente e lo penso pure ora, però era giusto accettare la condanna. Il rispetto della giustizia è un dovere di tutti, a maggior ragione per un uomo delle istituzioni come ero io».
Il tempo per la politica attiva, sostiene Totò Cuffaro, è definitivamente finito: «È stata la mia vita per tanto tempo, adesso proseguirò in altro modo. Con l’impegno in favore dei detenuti, continuando a seguire le vicende delle carceri perché possano diventare più umane e vivibili. In questi anni ho capito quanto è importante non sentirsi abbandonati e dimenticati». La Sicilia è ancora lontana, ma stasera stessa l’ex governatore riapproderà nella sua isola, di cui ha continuato a seguire le vicende e le polemiche. Fino all’ultima che ha contrapposto Roberto Vecchioni, che l’ha marchiata di un epiteto un po’ volgare, al suo successore alla guida della Regione, Rosario Crocetta: «Non credo la Sicilia sia cambiata in meglio.
Il viaggio per il ritorno in Sicilia sta per cominciare a bordo di un piccolo pullmino, insieme ai suoi fratelli Silvio e Giuseppe, dove l’ex governatore ha caricato una decina di scatoloni con i libri accumulati in questi anni di detenzione e le migliaia di lettere ricevute: “La prima cosa che farò è andare a trovare mia madre, che mi hanno impedito ci di vedere negandomi una visita. Poi penserò all’Africa, appena possibile andrò in Burundi, nell’ospedale che ho fatto costruire quando ero presidente della Regione. La società che lo gestisce mi ha contattato in questi ultimi mesi per pianificare la mia esperienza di medico volontario che farò non appena avrò sistemato alcune vicende della mia famiglia”. La condanna ormai è alle spalle, ma la mafia no. Ha cambiato volto e continua a contare su qualche appoggio. Come quello, certificato da una sentenza definitiva, per il quale Cuffaro ha dovuto scontare la sua pena: “Io ribadisco di aver sempre contrastato la mafia e combattuto in favore della legalità; però non posso negare di essere andato a sbattere contro la mafia, anche per via di qualche errore che ho commesso. Tornassi indietro certe scelte non le rifarei, e quanto meno mi munirei di un airbag…”.
(tratto da corrieredellasera.it)