La vicenda del figlio di Beppe Grillo mi ricorda un episodio da me vissuto negli anni Ottanta. Sono stato sempre attratto dagli uomini. Non da tutti, evidentemente, ma dai tipi dalla mia mente eroticizzati.
Diciamolo: l’attrazione è un dato percettivo, prima di divenire pratica eroticamente comunicativa. Un giorno avvenne, eravamo nel corso di una stagione di passaggio, che nei pressi di via Napoli, nelle vicinanze dell’allora via Terzo Mortillaro, dove abitavano i miei nonni e le zie, era sera inoltrata, vidi un’ombra umana incedere per via in modo assai incerta. Mi avvicinai: era un uomo che conoscevo e del quale non è necessario fare il nome.
Era un uomo sposato. Con prole. Era ubriaco. Gli chiesi come aiutarlo? Non sapevo dove abitava. Lui mi ha riconosciuto. Mi ha preso per un braccio e ha voluto che lo portassi, a piedi, io non avevo macchina allora, a casa. Lui abitava nelle vicinanze della Caravella. Vale a dire nella parte opposta della città rispetto a dove eravamo noi.
Lo feci. Ma non volle che prendessimo per le vie centrali. Mi fece fare un lungo giro e finimmo nei pressi della chiesa di Santo Antonio.
Nella strada laterale, a sinistra guardando la chiesa di fronte, nei pressi della scalinata cominciò ad accarezzarmi e mi voleva pure baciare. Diciamolo: la persona la conoscevo e mi piaceva tanto. Glielo dissi, invitandolo a lasciarsi accompagnare a casa. In un contesto diverso avremmo potuto realizzare il nostro diverso incontro, ma non potevo stare con una persona stordita dal vino. Lui insisteva. E io lo scostavo.
Ma finì che inciampò e cadde a terra. Come rialzarlo? Per fortuna passò una persona conoscente in macchina e gli chiesi un passaggio: questi ebbe delle titubanze, ma accolse il mio invito di avvisare mio fratello per venirci a prendere. Dopo alcuni minuti mio fratello venne, lo mise in macchina, lo accompagnò a casa.
Al mio amico caddero dei soldi e qualche altro oggetto. Raccolsi il tutto e conservai ogni cosa, pensando di darglieli il giorno dopo. Nella caduta, purtroppo, ebbe qualche problema al piede. Lo rividi in piazza dopo circa quindici giorni. Mi fece una festa e mi fu grato. Io andai a casa a prendere quanto era suo e glielo consegnai. Mi ringraziò. Ridemmo sull’accaduto.
Mi disse che anche io da sempre gli piacevo e di quell’evento restò positiva soltanto la nostra reciproca rivelazione. Si dimostrò, finché fu in vita, sempre grato. Comunicammo, in seguito, e non solo con calde parole. No, non serve ubriacarsi per fare l’amore. La coscienza amorosa, o erotica che sia, è solo nell’essere coscienti. Il resto è violenza. Che rivela i tanti volti della repressione!
Ma diciamo ciò non volendoci sostituire ad alcun giudice. Grillo farebbe meglio se tacesse. Nessuno è infallibile, ma lasciamo lavorare la magistratura: e servono i tre gradi di giudizio per tutti.