di Leonardo Puleo
La Guttuso & Company Il Sindaco Cinque riguardo al Museo Guttuso in più occasioni ha ribadito e sottolineato con forza la sproporzione tra entrate ed uscite nella gestione museale. 480.000 euro di uscite contro 20.000 euro di entrate. Presa così, quest’affermazione, sembra quasi incontestabile.
I numeri sono numeri.
E i ragionieri ed i matematici,che con i numeri non falliscono mai, ci direbbero prontamente che: 480.000-20.000=460.000 di spese. Bene! Il messaggio che sino ad oggi è passato alla gente è che il Comune d’ora in avanti risparmierà 460.000 euro l’anno Mi domando: “Siamo così sicuri di aver chiaro tutto?
E i dipendenti che lavoravano lì? Se non perderanno il loro posto di lavoro ma verrano “ricollocati”, così come specificato dal Primo Cittadino, a spese di chi saranno ricollocati?
I loro stipendi, che rappresentano una cospicua parte dei 480.000 euro, chi li pagherà?” Insomma sarebbe auspicabile un po’ di chiarezza in tal senso.
Ma al di là di questi miei dubbi, che verranno sicuramente fugati in brevissimo tempo, c’è un altro punto che reputo interessante argomento di discussione: il retropensiero emerso nell’affrontare la vicenda del “Museo Guttuso”. Qui non mi importa addentrarmi nei meandri delle logiche politiche che hanno portato schizofrenicamente a chiudere per poi riaprire, a quanto pare, nell’arco di qualche settimana. Dopo tutto anche a me capita spesso, per citare Pino Caruso, di “avere dei pensieri che non condivido”.
Però mi è sembrato che da buona parte dell’Amministrazione e dei cittadini, sia venuta a galla l’idea malsana che un’istituzione culturale, debba essere utile e funzionale a produrre prima il profitto e poi, se c’è spazio, conoscenza e formazione. Non si può pensare di gestire un sito di cultura come se si gestisse un locale.
Qui non basta fare Marketing o ingaggiare un P.R. che “ci sappia fare”. L’unica vera rivoluzione a Villa Cattolica, mai stata attuata, è produrre cultura. Investire sullo studio e sulla ricerca costante per arricchire questo luogo scelto per accogliere opere che comunichino prima di tutto con Bagheria. Questo è l’obiettivo.
Migliorarlo e farlo diventare qualcosa che ne chiarisca il senso. Attorno al Museo Guttuso dovrebbe costituirsi un progetto di comunità, un luogo di crescita e di vero scambio culturale tra gestori, operatori culturali, artisti e visitatori. Un Museo dovrebbe essere la collana, le cui perle sono rappresentate non soltanto dal patrimonio culturale, ma soprattutto da una logica sinapsi tra la storia di un luogo e i riferimenti sociali di una comunità che ci vive.
Questo è il compito dell’Istituzione. La cultura, con buona pace degli Amministratori, non produrrà mai un ritorno immediato di denaro ed in ogni caso non costituirà mai una fonte di arricchimento economico. Ma questo non è un buon motivo per non ritenerla fondamentale e strategica per la crescita di un Paese.
È questo il motivo per cui non sarò mai d’accordo alla gestione dei musei da parte dei privati. L’unico obiettivo dei privati è quello di fare soldi. Io non conosco un solo privato che gestendo un sito pubblico, ovviamente per fare profitto, produca attraverso questo anche cultura. A tutti coloro che pensano che sia più proficuo dare in mano un Museo ad un magnate o ad un imprenditore illuminato dico che ci troveremmo di fronte ad un ragionamento a dir poco contorto: con le tasse, di fatto si socializzano le perdite e grazie ad un patrimonio della comunità, si permette di generare dei redditi privati. In pratica, da una parte si impone una tutela pubblica e dall’altra, grazie ai soldi dei cittadini che pagano i tributi si permette una privatizzazione dei guadagni. È molto differente affidare dei servizi a privati, scelta opportuna a parer mio, o affidare loro l’aspetto culturale. Auspico che l’Amministrazione operi in tal senso.
L’ex Ministro dell’Economia Tremonti, durante la sua esperienza al Ministero affermò che con la Cultura non si mangia. È vero. Però si espleta un’altra funzione vitale: si respira.