di Giuseppe Martorana
La notte del 14-15 gennaio 1968, alle ore 2,35 circa, stavo dormendo come un ghiro quando fui svegliato da mia sorella che molto agitata e spaventata mi comunicò che c’era stato terremoto.
Io mi sono girato dall’altro lato dicendole: Va be’, domani se ne parla!
Il giorno prima (domenica 14) avevo avuto grossi problemi con la squadra di calcio (ero commissario straordinario del Bagheria) perché l’arbitro era stato pesantemente contestato e alcuni facinorosi avrebbero voluto linciarlo. In tarda serata quando noi dirigenti pensavamo che i tifosi si fossero acquietati, accompagnai l’arbitro, il signor Russo, alla stazione di Palermo perché doveva prendere il treno per Caltanissetta.
Ebbene, anche a quell’ora tarda – erano le 23,30 circa – mentre lo accompagnavo verso il binario – un tifoso si avvicinò all’arbitro ma fortunatamente si limitò ad apostrofarlo.
Quando tornai a casa ero stanchissimo, era quasi l’una quando mi coricai. Ecco perché ero nel sonno più profondo quando ci fu la forte scossa di terremoto. Ricordo, comunque, che m’ero sentito dondolare.
Verso le sette del mattino finalmente mi svegliai, mia sorella e mia madre erano già in piedi perché non si erano più coricate. Ascoltai il Gazzettino di Sicilia delle 7,30 ma già dalla notte aveva trasmesso notiziari, senza soluzione di continuità. Nella tarda mattinata di quel lunedì ero obbligato a raggiungere Alcamo dove insegnavo in una classe con orario pomeridiano. Decisi di partire di prima mattina, anche perché le linee telefoniche erano interrotte. Ho percorso, con la mia “veloce” Cinquecento, l’itinerario Palermo-Monreale-Pioppo-Borgetto-Partinico. Molta gente era accampata per strada ancora con i fuochi accesi. Alcamo era un po’ alla periferia dell’epicentro sismico, ma tutti erano fuori dalle proprie abitazioni. Mi recai subito a scuola, ma nessuno aveva osato entrare. Sono andato al centralino telefonico ma era impossibile fare chiamate. Lì incontrai anche il giornalista Mauro De Mauro con il quale scambiai poche parole. Ci eravamo conosciuti all’inizio degli anni Sessanta quando ero corrispondente da Bagheria per L’Ora. Allora non c’erano i cellulari e la popolazione si trovava in grandi difficoltà per l’impossibilità di raggiungere i familiari via telefonica.
Dopo circa due mesi le lezioni furono riprese. Io abitavo ad Alcamo con due agenti dell’Alleanza Assicurazioni che provenivano da Mazara con i quali alcuni mesi prima avevamo deciso di prendere in affitto una casa a pianterreno. Uno di loro sapeva cucinare, poi imparai anch’io…a lavare pure i piatti.
Una notte, non mi ero ancora addormentato, ho sentito bussare alla porta e dissi subito: Chi è? Nessuno rispose, ma uno dei due amici mi disse: Peppino, dormi, che scossa di terremoto fu!
Durante i primi due mesi di interruzione delle lezioni, durante i quali le scosse si susseguivano, si bivaccava qua e là perché bisognava essere sul posto di lavoro. Un giorno una mia collega mi chiese se ero disposto ad accompagnarla a Camporeale per andare a vedere se una sua casa fosse rimasta in piedi e se fosse possibile recuperare alcuni oggetti. Potevo dire di no a una collega che tra l’altro era molto piacente? Io era scapolo e da cosa poteva nascere cosa!.
Arrivati a Camporeale, notammo subito che la chiesa era venuta giù e che la sua casa era rimasta intatta. Così sembrava dall’esterno. Quando aprì il portoncino che portava al primo piano ci siamo accorti che tutte le pareti erano lesionate con tanti calcinacci a terra. Avrei voluto salire con lei, ma non volli fare il coraggioso. La prudenza in questi casi non è mai troppa, anche perché una scossa poteva arrivare da un momento all’altro. Salì solo lei, ricordo che prese qualcosa. Quindi ritornammo ad Alcamo, sobbarcandomi anche le spese di benzina. La scintilla non era scattata. Ma tre mesi dopo ero già fidanzato con l’attuale mia moglie.