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sabato 23 Novembre 2024

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Il 9 aprile del 1787 lo scrittore Wolfgang Goethe visitò villa Palagonia rimanendone sconvolto

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6 minuti

Sono passati 237 anni fa dalla visita del famoso letterato tedesco Wolfgang Goethe Bagheria, per visitare villa Palagonia. Il 9 aprile del 1787 era lunedì di Pasquetta. Goethe varcò il cancello dopo avere attraversato il lungo viale assieme al suo amico, Cristopher Kniep, viaggiatore.
All’epoca, quando Goethe arrivò a Bagheria, aveva 38 anni.
Era sbarcato a Palermo il 2 aprile del 1787, proveniente da Napoli.
Incuriosito dai racconti dei viaggiatori che lo hanno preceduto, fra cui Patrick Brydone, Jean Houel e Michael de Borch, decide di visitare Bagheria, puntando l’attenzione su villa Palagonia, tanto decantata dagli altri.
Il resoconto della visita è assolutamente negativo. Goethe non risparmia feroci critiche al principe di Palagonia e alla sua villa.  All’epoca del suo arrivo il principe è ancora vivo (morirà l’anno successivo) e la villa è nel pieno fulgore.

Goethe senza rendersene conto ne rimane affascinato, anche se le sue parole sono diverse dai sentimenti che prova. E come potrebbe lui che era uno dei massimi romantici del tempo, apprezzare le “follie” del principe Francesco Ferdinando Gravina.
Il resoconto del tedesco, pubblicato 12 anni dopo, rimarrà nella storia e sulla sua scia saranno molti a decidere di varcare il cancello della villa bagherese.
Goethe esordisce “Abbiamo sciupato tutta la giornata d’oggi dietro alle pazzie del principe di Pallagonia; ma anche queste stravaganze ci son parse tutt’altra cosa di quel che ci fanno credere i libri o i racconti della gente. Infatti, con tutto l’amore per la verità, colui che voglia render contro dell’assurdo, si trova in grande imbarazzo: solo a volerne dare un’idea, vi annette troppa importanza; mentre in fondo non si tratta che di un nulla, che pretende di essere qualche cosa.”
Usa parole di scherno contro il principe, ma senza rendersene conto, ne rimane affascinato e anziché andare via, entra e si lascia ammaliare dalla lucida follia di don Ferdinando.
“L’attuale proprietario -scrive ancora Goethe-, senza allontanarsi da quelle linee generali, ha concesso libero sfogo al suo capriccio e alla sua predilezione per il deforme e per il mostruoso: gli si farebbe troppo onore, attribuendogli anche una sola scintilla di fantasia.”
Avvicinatosi alla villa, osserva le balaustre che costeggiano il lungo viale di ingresso, sormontate da decine e decine di gruppi di statue antropomorfe. E dopo averle descritte e riunite per gruppi esclama “Basta ora immaginare simili figure riprodotte a non finire, ammassate senza discernimento e senza scopo, zoccoli, piedistalli, mostri, e il tutto allineato a perdita d’occhio, per avere un’idea della penosa impressione da cui si sente sopraffatto colui che per avventura debba passare attraverso le verghe di questa follia.”
Le descrizioni sono accurate e minuziose e in fondo dobbiamo ringraziarlo per il patrimonio descrittivo che ci lascia, visto che poco o nulla è rimasto degli arredi e di molte statue che si trovavano all’interno della villa.
Il diario di viaggio di Goethe continua descrivendo anche alcuni arredi: “nella villa, il cui esterno fa supporre un interno tollerabile, la febbre del nostro principe ricomincia il suo delirio. I piedi delle sedie sono segati inegualmente, in modo che non è possibile sedervisi; lo stesso custode avverte di badar bene, perché sotto i cuscini di velluto delle sedie più solide si nascondono degli aculei.”
Molto attenta anche la descrizione della cappella privata, nel giardino della villa. Ma anche in questo caso le critiche si sprecano: “per descrivere soltanto la cappella, ci vorrebbe un volume. Qui si trova la chiave di tutta la mania, che non poteva attecchire fino a tal punto se non nella psiche di un superstizioso. Lascio immaginare quante caricature d’una pietà fuorviata si trovano qui ammassate; ma non mi passerò del meglio. Infisso alla volta, si vede un crocifisso scolpito d’una certa grandezza, con le carni dipinte al naturale, inverniciato e dorato ad un tempo. Nell’ombelico del crocifisso è avvitato un uncino, dal quale pende una catena che alla sua volta è fissata alla testa d’un penitente inginocchiato come tutte le altre immagini ella cappella, rappresenterebbe come in un simbolo la inestinguibile e devota pietà del proprietario della villa.”
Il giudizio di Goethe sulla villa e sul proprietario non lascia scampo. Ma Goethe si porterà dentro la visita a villa Palagonia, al punto da condizionarlo per sempre, basti pensare che nel “Faust”, una delle sue opere più importanti, per descrivere alcuni demoni, si rifà alla descrizione delle statue di Villa Palagonia. 
Le 8 pagine che dedicherà a villa Palagonia contribuiranno in maniera determinante a fare la fortuna della villa. Molti saranno in seguito viaggiatori e successivamente turisti che arriveranno a Bagheria per vedere la celebre “villa dei mostri” di quel “pazzo” del principe di Palagonia. Che tutto era tranne che pazzo.

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