Ottobre è il mese che mi piace di più. Sin da piccola era il mese degli eventi importanti. In questo mese ricorre anche la festa ra ‘Maruonna o Lumi’ e per noi Porticellesi è qualcosa di straordinario.
I ricordi più belli sono quelli legati alla mia infanzia, quando da bambina stavo dietro a mio nonno Nino che era sempre presente con i suoi regali della festa. Ricordo anche nonna Anna che cucinava per noi i ‘cuosi cu sucu’, ma cos’erano? Erano pezzi di carne mista con salsiccia calati nno sucu. Lei metteva un po’ di estratto di pomodoro per dare un sapore ancora più forte e inseriva una fogliolina di alloro per renderli più digeribili, ma a fine giornata veniva su anche la fogliolina di alloro, ma erano così buoni che li divoravamo io e i miei cugini ancora prima di metterli a tavola. Preparava anche un po’di caponata, ma di quella buona e in quantità modeste, vuòiddiri assai, immaginate un po’. Gli odori delle feste del passato li ricordo ancora e ricordo anche noi bambini correre dalla fontana verso la chiesa dove assistevamo, dopo pranzo, alla discesa del quadro. Ricordo che la chiesa era gremita di gente e noi, i bambini, passavamo sotto le gonne delle mamme scappando per avere un posto in prima fila. Volevamo sentire quell’emozione, quel magone alla gola quando l’ultima campanella finiva di suonare e il prete saliva con la chiave dietro il quadro. Un giro di chiave e l’emozione giungeva rapida al cuore, scivolando sulle nostre vite. Nel vedere tanti pianti, non capivo che dietro ad ogni essere si cela un dolore e una preghiera. Tutti si affidavano alla Madre del cielo affinché potesse dare loro sostegno e conforto. Lo capii anni dopo, quando diventai grande abbastanza. Mi affascinava vedere quegli uomini che piangevano e gridavano alla Madre, faceva anche un po’ paura il richiamo, ma provavo anch’io quell’emozione unica. Il passaggio del quadro sulle mani della gente, sembrava che fosse sospeso e che volasse sulle teste di ognuno di noi, la fila centrale. Quante emozioni racchiuse dentro e quanti pensieri tra quella folla, quasi quasi assordavano i silenzi e le sofferenze della gente. Li guardavo nei volti e non capivo. Pensavo di essere diversa da loro. Ma era solo l’ingenuità della mia età. Un ricordo caro di quegli anni lo rivolgo a mio nonno Nino Lo coco, detto ‘u taoimmina’. Lui ogni anno stava nel caliaro di suo fratello Lorenzo. Era una devozione, non era il suo mestiere, ma lui in quei giorni li aiutava a vendere a ‘simienza’. Ogni giorno nelle ore dei pasti io scendevo col solito sacchettino con pane cunsatu e acqua. Gli portavo il suo pranzo e la sua cena. Quanto lo adoravo quell’uomo! Le grida della gente in strada le sento spesso ma quelle che ascoltavo allora erano navutra cuòsa. In ognuno di noi c’è un ricordo lontano di un tempo che non tornerà.
Baciamu li manu!
Anna Citta è una docente di Lingua e Letteratura Inglese. Vive a Porticello, un piccolo borgo marinaro. Ha due grandi passioni: il mare e il dialetto siciliano. Da circa 10 anni Si interessa di tradizioni popolari e di detti tipici del nostro dialetto, usi e costumi, proverbi e altro. Il suo è uno studio senza fine, una grande passione che coltiva nel tempo libero. Pensa che studiare una lingua sia il modo giusto per entrare nella vita della gente, per capire i sentimenti di un popolo e il loro modo d’essere, per sentirne gli odori, i sapori e conoscere il dolore della gente. Per questo ama la Sicilia e la sua sicilianità.