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sabato 23 Novembre 2024

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 Etimologia del nome Bagheria

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di Giuseppe Martorana

Fin oltre l’anno Mille non si conoscono documenti che in qualche modo ci parlino di Bagheria, anche perché l’avanzamento dalla città di Palermo verso i territori del suo entroterra è stato molto lento e, per lungo tempo, il fiume Oreto costituì il confine oltre il quale non si andava. Solo dall’XI – XII secolo (conquista di Palermo da parte dei Normanni nel 1072), Edrisi (Al Idrisi 1099 circa – 1164 circa), geografo arabo al servizio di Ruggero II, descrive la zona costiera dall’Eleutero al fiume Torto, elencando le località di Aspra, la tonnara di Sòlanto, Trabia fino a Termini. Non accenna invece alla zona interna del nostro territorio.
Le uniche notizie certe che riguardano la storia del nostro territorio sono attestate dalla Cittadella di Solùnto (Soloeis) e dai reperti archeologici scoperti a Pizzo Cannita – dove sarebbe esistita la cittadella di Kronia – e a Monte Porcara – dove il nucleo abitativo dovrebbe corrispondere alla città di Paropo. Un territorio ricco di storia millenaria ma che interessa Bagheria solo dopo l’anno Mille, anche se alcuni storici e studiosi ritengono che detto territorio fino al III-IV secolo dopo Cristo sia stato coltivato e poi abbandonato. Tale ipotesi è portata avanti dal dott. Piero Montana che sul Settimanale di Bagheria (dal 19 maggio 2019 al 4 agosto 2019), parlando anche di una Bagheria esoterica, cita alcuni studiosi che si sono occupati del territorio da Palermo a Bagheria, pur tuttavia senza avere trovato dati reali sulle loro ipotesi e asserzioni.
Scrive il dottor Montana: “Il mistero delle terre della Bacaria va ricercato anzitutto in quell’abbandono millenario a partire dal III-IV secolo dopo Cristo e che invece precedentemente aveva visto il sorgere di fiorenti civiltà poi cadute in rovina e a tutt’oggi non del tutto chiaramente identificate”.
C’è da dire, però, che gli storici Tucidide (460 – 395 a.C.), Agatocle (361 – 289 a. C.), Diodoro Siculo da Agira (90 – 30 a. C.), Plinio 23 – 79 d. C.), Polieno Macedonio (vissuto tra il 98 e il 180 d. C.) e Paolo Diacono (720 – 795 d. C.) non ci hanno lasciato che scarse notizie – in realtà nulla – su alcune città che sarebbero esistite nel nostro territorio come Paropo, Ancira, Kponia o Cronia, Cydonia, Hierapolis, mentre si ha certezza solo della cittadella di Solùnto, prima situata nella zona pianeggiante di Sòlanto (periodo fenicio ed ellenistico dall’VIII al III secolo a. C.) e poi ricostruita in collina sul monte Catalfano (periodo romano dal III secolo a. C. al 2° secolo d. C.).
Io, rifacendomi a ciò che conosciamo, ritengo che il nostro territorio, quello della parte pianeggiante che va da Bagheria a tutta la Valle dell’Eleutero, difficilmente sia stato coltivato prima del disboscamento che si è andato verificando gradatamente a decorrere dal 12° secolo. È pur vero che i Soluntini (popolazione calcolata da 1000 a 2000 abitanti) una terra da coltivare la dovevano avere e questa terra è facile individuarla principalmente nella zona compresa tra la stazione di Santa Flavia e Sòlanto, cioè dove inizialmente era ubicata la Solùnto arcaica (VIII secolo a. C.). Non credo che essi si siano spinti anche verso il nostro territorio, conosciuto a metà del secolo XII come “foresta della Bacharia”; che lo abbiano fatto parzialmente non si può negare, così come non si può negare che la coltivazione prevalente possa essere stata il vigneto. Che sia esistito un tempio dedicato a Bacco, dio del vino, mi sembra molto opinabile e ritengo che alcuni storici abbiano lavorato e lavorino troppo di fantasia. Ciò, in ogni caso, non toglie e non aggiunge nulla alla storia della nostra città.
Etimologicamente Bagheria che, prima del 1826, sugli atti si scriveva indifferentemente Bacharia, Baccaria, Bacaria, Bajaria, Baharia, Bagaria e, foneticamente Baaria, dovrebbe derivare, come prima ipotesi e con dati di fatto inoppugnabili, dall’arabo “bahariah”, zona marittima perché si trova al di sopra della spiaggia di Aspra, zona che il prof. Antonino Morreale, nel suo volume La Vite e il leone, preferisce definire “costa”.
Ma c’è di più. Nel deserto libico, a sud-ovest del Cairo, a 180 dal Nilo, si trova un’oasi abitata da circa diecimila abitanti che si chiama, guarda caso, Bahariyya o Bahriyya così come Bagheria viene pronunciata in vernacolo (vedasi anche Nicola Di Salvo, Settimanale di Bagheria del 5 settembre 2004). Di conseguenza si può dire che questo termine significhi “territorio vicino al mare”, così come “oasi” significhi “territorio dove c’è dell’acqua”, e “Bahr” mare o grande lago; in Egitto questo termine vuol dire anche grande fiume e lo stesso Nilo, pertanto, è chiamato per antonomasia Bahr.
Il primo documento su cui si trova scritto “Bacharia” è del 1134 e riguarda la concessione fatta dal re normanno Ruggero II all’Abbazia di Santa Maria di Campogrosso (zona costiera di Altavilla Milicia, detta anche Chiesazza) di terreni incolti nei pressi di Misilmeri (in loco dicto de Misilmeri) per essere coltivati e dati a pascolo. Tale concessione prevedeva anche il diritto di fare legna, secondo necessità, proprio nella nostra foresta – floresta dicta Bacharia – (concessione riportata in Bullae, privilegia et instrumenta Panormitanae Ecclesiae di Antonio Mongitore, Palermo 1734). Del resto, non sono stati proprio gli Arabi che a cavallo dell’anno Mille, dopo l’occupazione di Palermo e prima dell’arrivo dei Normanni, cominciarono a penetrare nel territorio boscoso e inesplorato di Bagheria? E non saranno stati loro a dare questa denominazione a quel territorio, tenendo conto che inizialmente si saranno imbattuti in qualche nucleo di pescatori nella zona dell’Aspra, da considerare il primo nucleo abitativo della nostra zona?
Sono tanti gli storici e studiosi che affermano che il nome Bagheria derivi dall’arabo, come il prof. Gustavo Strafforello, Giordano Cascini, Tommaso Fazello, Vito Amico ed altri.
Si dice anche che Bagheria possa derivare sempre dall’arabo bab el gherib, porta del vento, ma questa dicitura, però, non si trova scritta in alcun documento, e nessuno storico fa accenno a questo nome.
Secondo me dovrebbe essere scartata anche un’altra opinione – quella mitologica – che farebbe derivare Bagheria dal dio Bacco.
Secondo questa ipotesi, nell’antichità, le nostre campagne sarebbero state coltivate a vigneto con grande abbondanza di vini e la conseguente dedica a Bacco. Ipotesi quanto mai immaginifica e fantasiosa. Io, però, mi chiedo: quante “Baccaria” ci sarebbero in Italia se le zone vitivinicole fossero state dedicate tutte a Bacco? Ma non è stato detto e scritto che dopo l’anno Mille il nostro territorio era una foresta? Non sarà rimasto inesplorato anche in precedenza? Del resto, come abbiamo visto, si chiamava già Bacharia un paio di secoli prima che nel suo territorio fossero impiantati i vigneti.
Sostenitore di tale interpretazione, e cioè che il nome Bagheria derivi dal dio Bacco, è sempre il dottor Piero Montana che riporta quanto ritenuto da diversi storici tra cui Carlo Castone, conte di Rezzonico (Como 1742- Napoli 1796) secondo cui “il nome di Bagaria o Bacaria venga da Baccaria, quasi luogo a Bacco per l’eccellenza dei vini dedicato”. Secondo Cristoforo Scanello (di Forlì, morto nel 1593), nel nostro territorio sarebbe esistito anche un tempio dedicato a Bacco del quale non si ha alcuna testimonianza.
Esiste, però, il fiume Eleutero che mitologicamente ha molta attinenza col dio Bacco, ma che è anche un nome storico citato nella Bibbia. Infatti, nel primo libro dei Maccabei del Vecchio Testamento che tratta degli avvenimenti che vanno dal 175 al 134 a.C., al capitolo 11, si legge: “L’indomani Gionata accompagnò il re (Tolomeo d’Egitto) fino al fiume Eleutero e poi fece ritorno a Gerusalemme”. Oggi quel fiume biblico si chiama Nahr El Kebir e segna il confine tra il Nord del Libano e la Siria.
Anche le autrici (Bellanca-Bertolino-Lo Iacono) del volume “Ficarazzi e il suo Territorio” scrivono che “ai Fenici si deve probabilmente il nome Eleutheros, considerando che anche in Fenicia esiste un fiume omonimo”. O, forse, sono stati i Greci a chiamare Eleutheros il fiume che significa Libero, in onore di Giove denominato appunto Eleutheros, dio della libertà. Per i Latini era Eleutherus, soprannome di Bacco o Dioniso (Liber Eleutherius) ed Eleutherie erano le feste in onore di Giove Liberatore.
Bagheria, non avendo radici antiche, potrebbe derivare anche dalla voce di origine latina – “bacca”, frutto di alcuni alberi e arbusti che crescevano abbondanti nel nostro territorio.
Un’ultima annotazione: sul dizionario siciliano a cura di Giorgio Piccitto si legge che i vocaboli “bbaaria” e “bbuaria” significano rispettivamente terreno destinato a pascolo o stanza per buoi e campagna incolta; possono questi due vocaboli avere attinenza con il nome della nostra città? In effetti, potrebbero orientarci verso l’altra opinione che il nome Bagheria derivi da Vaccheria, con derivazione dalla parola latina vacca che, però, non avrebbe dovuto subire alterazioni nel linguaggio dialettale parlato.
Io resto convinto che l’etimologia più corretta sia quella araba, anche perché dal 1100 in poi non risulta che nel nostro territorio ci siano stati – più che altrove – allevamenti di bovini e di armenti, soprattutto per la poca disponibilità di terreni destinati a pascolo o alla coltivazione foraggera. Caso mai questi allevamenti sarebbero sorti un paio di secoli dopo, gradatamente, man mano che andava esaurendosi la ricca vegetazione che copriva il territorio bagherese, quando già (1134) su un documento emesso dai Normanni era stato scritto il nome Bacharia, non come centro abitato ma come foresta.
Per concludere, ritengo che l’unica etimologia corretta del nome Bagheria da divulgare sia quella fenicio-araba cioè Bahariah, nome già utilizzato per l’oasi esistente nel deserto libico, così come gli stessi Fenici hanno chiamato Eleutero il nostro fiume, dandogli cioè lo stesso nome di quello al confine tra il nord del Libano e la Siria.

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