Una giornata così nessuno, forestali compresi, la ricordava : più fronti di fuoco tra Messina e Palermo, boschi, campagne e manufatti distrutti, centri abitati evacuati, viabilità interrotta e la Sicilia Settentrionale bloccata per una giornata di scirocco eccezionale.
Ferite profonde e spesso irreversibili che marcheranno il nostro territorio e che si rimargineranno in decine di anni, ingenti investimenti di interi lustri andati “in fumo”, dissesti gravi che segnano il territorio che già da subito faranno sentire il loro effetto devastante, forieri di ulteriori danni con le piogge autunnali.
Non c’è spettacolo più triste e desolante di un bosco bruciato o di terreno ben coltivato distrutto dal fuoco : investimenti, fatiche e duro lavoro di intere generazioni vanificati in pochi minuti, il paesaggio severamente compromesso con danni economici e sociali non misurabili. E spesso poi vite umane sacrificate.
Eppure, è come se il problema non ci riguardi. Fra qualche settimana avremo altro di cui occuparci e l’anno prossimo si vedrà. Punto e a capo e forse peggio, stando alle previsioni che ci dicono come le estati saranno sempre più lunghe e calde.
In Sicilia ogni anno vanno in fumo 6.000 ettari di bosco (la consistenza del patrimonio boschivo siciliano è di ettari 250.000), mentre i terreni privati distrutti dal fuoco si stimano intorno 15.000 ettari l’anno. Danni che nessuno mai pagherà.
In Sicilia poi gli incendi condizionano tutta l’attività forestale e costituiscono il fattore limitante per il miglioramento ed ampliamento della superficie boscata.
Fenomeno complesso che non si presta a facili interpretazioni e non ammette soluzioni semplici ed univoche: accanto a cause predisponenti, naturali, quali il regime termopluviometrico che caratterizza la vegetazione del piano basale, sino ai 1000 metri di quota, si innestano cause scatenanti complesse e non facilmente identificabili, cause legate tutte al tipo di rapporto che una società instaura con il territorio dove vive: se il bosco e i terreni privati sono elemento portante dell’economia e ad essi, da parte di tutta la comunità, si riconosce un imprescindibile ruolo economico e di difesa territoriale, gli eventi di incendio sono rari e quando si verificano difficilmente hanno carattere catastrofico.
Se, come accade da noi soprattutto negli ultimi venti anni, il bosco è visto come elemento estraneo, non produttore di reddito ed occasione di lavoro solo per pochi addetti, esso, come il restante territorio, è soggetto ad eventi di incendio frequenti e catastrofici : se in Trentino o in Valle d’Aosta, dove gli incendi si verificano in Inverno, scoppia un incendio tutta la popolazione, come accadeva da noi trent’anni or sono, si mobilita. Oggi da noi, quando si verifica un incendio in qualsiasi parte del territorio, boscato o meno, le persone se ne stanno con le mani nelle mani a guardare, ognuno davanti la sua proprietà: nessuno si adopera perché il territorio circostante non viene vissuto come cosa che appartiene; se non è mio non mi interessa: “res nullius” e non “res omnium”!
Le statistiche dicono che il 75% degli incendi sono di origine dolosa, cioè volontariamente determinati, per il 20% sono ascrivibili a colpa (imprudenza, negligenza ed imperizia dell’uomo, o semplice disattenzione e comunque non volontari) e solo in percentuale ridotta, il 5%, riconducibili a cause naturali o accidentali (vetri abbandonati, linee elettriche etc.).
Fenomeno più diffuso di quanto si possa comunemente pensare è quello della piromania, mentre, in linea teorica, i forestali e non hanno alcun interesse a dare fuoco. Questi infatti svolgono annualmente la loro prestazione d’opera con un turno garantito (variabile dai 78 ai 150 giorni l’anno) e svolgono tale turno nel bosco più vicino alla residenza. Se questo brucia hanno comunque garantito il loro turno ma devono spostarsi, a loro spese, in un bosco più lontano. Non vi è alcun motivo obiettivo che possa indurre un operaio forestale a distruggere ciò che giustifica il suo lavoro e cioè il bosco che gli da vivere per sé e la sua famiglia! Ciò in linea teorica, fatte salve le patologie.
La piromania invece è, come accennato, più diffusa di come si creda oltre che difficile da contrastare: per arrestare un piromane bisogna coglierlo in flagranza di reato (circostanza difficilissima); il fenomeno investe poi tutti gli strati sociali dai balordi e farabutti ad insospettabili persone per bene ma malate. Ancorché poi severe le pene (da quattro a dieci anni per incendio volontario, da uno a cinque per incendio colposo) se il farabutto è incensurato la pena viene sospesa e l’indomani è libero di fare altri danni!
Ma che fare in concreto. Oltre ad ottimizzare i sistemi di previsione sul comportamento del fuoco in relazione ai fattori ambientali ed organizzare in modo efficace ed economicamente conveniente i sistemi di avvistamento e di lotta attiva, un ruolo strategico lo svolge la prevenzione, l’apprestamento cioè di quell’insieme di interventi che servono a ridurre le cause, ostacolare l’accensione del fuoco e la sua propagazione e a diminuirne comunque i danni.
Si tratta di eliminare o ridurre il combustibile più pericoloso e cioè il sottobosco, gli arbusti ed i cespugli e di regolare la distribuzione nello spazio della vegetazione e cioè dei diversi tipi di combustibili, riducendo comunque quelli pericolosi, creando delle soluzioni di continuità sia in senso orizzontale e sia in senso verticale.
Qui ognuno deve fare la sua parte: i proprietari dei boschi pubblici e privati realizzando interventi silvo colturali appropriati quali sfollamenti, diradamenti ed utilizzazioni (taglio) a tempo debito, i proprietari dei fondi agricoli puliscano i fondi, soprattutto quelli abbandonati.
Gli Enti pubblici facciano altrettanto lungo le strade di loro pertinenza, almeno lungo quelle più “sensibili”.
I Sindaci emettano le ordinanze che impongono gli obblighi in capo ai privati (obbligo di pulitura dei fondi lungo i confini con altre proprietà e lungo le strade) e soprattutto le facciano rispettare, con il concorso di tutte le forze dell’ordine e del Corpo Forestale in particolare.
Le norme sono quelle della L.R. 16/96 che, agli articoli 40 e 41, prevede le azioni di salvaguardia lungo le strade e i terreni contermini.
Soprattutto occorre motivare le persone a rispettare il bosco, per evitare azioni pericolose e collaborare nella difesa, attraverso la propaganda e, meglio, con l’educazione ambientale : se il bosco ed il territorio circostante ci appartengono li difenderemo permanentemente, diversamente ogni anno combatteremo una guerra persa in partenza.
* già dirigente tecnico del Corpo Forestale della Regione Siciliana