4 dicembre 1921 sera: la mafia di Casteldaccia uccide don Ignazio Modica in piazza Madrice davanti alla sua chiesa.
Delitto inizialmente depistato, sulla base di nuove testimonianze indagati successivamente quattro mafiosi, mai arrestati e processati, resisi latitanti per tutto il ventennio fascista. Circolavano liberamente nel paese e quando sospettavano qualche controllo, secondo vox populi, si nascondevano nella cripta della chiesa, alla quale accedevano direttamente dalla strada. Il silenzio imposto dal clima mafioso ne ha impedito la memoria, come è avvenuto, dopo la guerra e la caduta del fascismo, per Andrea Raia, sindacalista comunista ucciso dalla mafia, dove imperavano ancora i quattro presunti assassini di padre Modica. Due vittime per il loro impegno a difesa dei più deboli, contro ogni forma di ingiustizia e corruzione, tutte e due con vocazione politica democratica.
Padre Modica vota nelle elezioni del 1913 per il giolittiano Aguglia e non per Scialabba, sostenuto dalla mafia e dal futuro sindaco di Casteldaccia, zio di padre Modica. Sostiene, quale economo del Comune, la trasparenza negli appalti comunali finanziati dal Governo per opere pubbliche. Uomo religioso, colto, eticamente corretto, volgarmente sospettato di essere un donnaiolo (lo furono anche padre Puglisi e padre Diana), nominato parroco di Casteldaccia, per aver vinto il concorso, non riesce a prendere possesso della parrocchia, perché una manifestazione di donne (certamente autorizzata, dati i costumi femminili di inizio Novecento, dalla mafia) glielo impedisce chiudendo la chiesa e tagliando le corde delle campane perché non suonassero. Dopo un mese, padre Modica perdona i manifestanti, rinuncia alla nomina e mantiene la carica di vicario economo spirituale.
Anche Raia venne ucciso per la sua onestà, per la difesa dei contadini gravati dall’ammasso obbligatorio del grano, mentre gli agrari e i molinari si arricchivano con il mercato nero. Raia fu accusato, per giustificare il suo assassinio, di fare i nomi ad alta voce degli speculatori protetti dai mafiosi. I due assassinii possono chiamarsi delitti politico-mafiosi perché colpivano interessi economici, politici e mafiosi. Le lotte antimafia hanno cambiato il clima di consenso sociale verso la mafia. La Chiesa, dopo la strage di Ciaculli del 1963, ha preso posizioni sempre più nette contro la mafia fino alla scomunica latae sententiae (pronunciata da papa Francesco), cioè senza processo canonico, di chi fa parte della mafia. Nonostante l’attuale quasi assenza dal dibattito politico generale, mentre si tenta di cancellare la legislazione antimafia scaturita dalla legge Rognoni-La Torre, la coscienza antimafiosa della società civile ha fatto passi avanti. Lo dimostrano le marce popolari antimafia iniziate nel 1983 nell’ex triangolo della morte Bagheria-Casteldaccia-Altavilla, la mobilitazione della società civile dopo le stragi del ‘92/93, l’impegno delle scuole, delle università, degli storici, sociologi, economisti, l’impegno repressivo della magistratura e delle forze di polizia, l’informazione democratica, le associazioni antimafia. Ricordare ogni vittima innocente della mafia è un grido di lotta contro le mafie e ogni forma di violenza sociale, politica, morale. La chiesa di Casteldaccia, nel decennio precedente il Covid, prese l’abitudine, poi sospesa, di ricordare padre Modica nell’anniversario, durante la messa, ora promette di pubblicare una biografia frutto della ricerca di un giovane studioso. Un capitolo ricorderà il delitto di mafia. Il Consiglio comunale ha deliberato l’intitolazione col suo nome di una piazzetta del paese. Tutto ciò ha un valore che va oltre le cerimonie, nel momento in cui sembra scomparso in Italia il tema mafie (e il loro condizionamento nazionale e internazionale della vita economica, sociale e democratica). L’ultimo tentativo politico del centro-destra di rimettere in discussione la legislazione antimafia si potrà impedire sconfiggendo il silenzio e mobilitando la società civile, le forze economiche, sociali, politiche democratiche.