E’ sabato pomeriggio, un allettante invito su FB mi convince a separarmi dal mio agognato divano: alla Libreria Interno 95, Stefania Auci, autrice del libro rivelazione dell’anno, incontra lettrici e lettori.Liliana Caminiti, amabile padrona di casa che dei libri ha fatto la sua seconda pelle (Che sia benedetta! qui a Bagheria.), ha preparato un piccolo salotto, en plein air, sul retro della sua libreria , accanto al ristorante/pizzeria VintiReci.
Incontro letterario, presentato da Camillo Scaduto, che mette insieme un laboratorio del gusto (libri/pizza) per sperimentare come la lettura di un buon libro può e deve essere fatta senza fretta, gustando la libertà di avere scelto come godere del proprio tempo al meglio: il posto ed il momento giusto, un buon bicchiere per non pensare al caldo, un trancio di focaccia per sopravvivere al languorino e…il libro, oculatamente, scelto per iniziare le nostre vacanze. Oggi la libreria consiglia ” I Leoni di Sicilia”.
Stefania Auci si concede ai numerosi lettori, regalando autografi carezzevoli come di chi ha fatto del suo libro “lu so criaturu”, sentito, cercato, partorito e amato.
L’autrice si presenta al suo pubblico sedendosi subito in salotto come a voler condividere il senso di familiarità che Liliana ha creato, contenta di farlo. La sua voce, appena amplificata da un microfono, giunge suadente anche a chi , come me, non riesce a vederla da una postazione che ha preferito un fresco angolo ventilato alle prime file. Non ha bisogno di una lunga presentazione dato che le classifiche parlano chiaro, soltanto seconda al Grande Andrea Camilleri e poi, faranno tutto le sue parole pregnanti di passione per una ricerca attenta ed accurata in cui ogni testimonianza, una strada, un terrazzo, un numero civico, un cognome assumono un valore simbolico da cui prendono vita scene, aneddoti e personaggi di questa saga familiare romanzata.
Nel 2015, l’autrice stava lavorando ad un progetto non molto interessante. Il suo Editor di allora la coglie di sorpresa dicendole:” Tu hai la stoffa per scrivere una saga. Trova una famiglia e scrivi”.
La scelta di Stefania cade sulla famiglia Florio. Certo su di loro era stato scritto e detto tanto, ma non tutto. Bisognava cercare materiale inedito e prospettive diverse. Basta con i primi bolidi della Targa Florio sulle polverose strade delle Madonie e basta con gli aneddoti sulla bellissima Donna Franca. La storia della famiglia doveva partire dalle origini, dal viaggio da Bagnara Calabra verso Palermo, alla ricerca di un nuovo destino.
E’ il 1799, così si apre il II capitolo “Spezie” per presentarci lei, Giuseppina Saffiotti, personaggio che apre il romanzo, moglie di Paolo Florio, costretta senza il suo volere, a seguire il marito e lasciare l’ amata Bagnara dove c’è la sua casa e le tombe dei suoi genitori. E’ proprio lei una delle donne protagoniste della I parte della saga. Con lei e Paolo iniziano quelle radici “buone” che daranno lustro a questa famiglia che per un settantennio sarà alla ribalta della storia palermitana.-” Paolo Florio non è una persona facile”- dice la Auci. Neppure la moglie Giuseppina lo è. Al suo sbarco in Sicilia, vede Palermo come una città sporca, dall’aria marcia, un posto miserabile dove lei si sente povera e pazza. Tutto fa già presagire che, come loro, tutti i discendenti di questa famiglia saranno persone complicate.
Già dalle prima pagine, il lettore resta spiazzato nel notare la scelta dell’autrice di narrare usando il tempo presente e lei stessa chiarisce:-“Ho voluto scrivere al presente perché il tempo storico non mi condiziona mai e mi permette di prediligere con il presente il tempo interiore dei miei protagonisti. La natura storica del mio racconto è per me sicurezza ma mai un vincolo nel decidere come procedere nella mia narrazione”-.
La lettura di altre pagine ci proietta in via Dei Materassai in cui i Florio aprono la loro bottega di “aromatai” e cominciano a farsi notare in mezzo agli altri venditori di spezie palermitani che li vanno a sbirciare, studiandoseli bene. Ben presto si accorgeranno che il loro modo di fare sarà diverso perché vicino, molto vicino alla gente. A tal proposito, Stefania Auci ci rende partecipi di questo tipo di solidarietà raccontando l’aneddoto di una donna che aveva il marito molto malato ma pochi soldi per pagare la lunga lista di erbe e medicamenti che il medico gli aveva prescritto. Respinta dagli altri aromatai per la sua condizione di miseria, si rivolge ai fratelli Florio che abilmente preparano le pozioni mediche. Al momento di pagare, Ignazio ferma la mano della donna in segno di non voler alcun compenso. La donna aggiunge:” Ma tutti l’autri….” e Ignazio incalza:” Gli altri sono altri. Noi siamo I Florio”.
Questa differenza se la porteranno sempre come marchio del loro successo ma anche come marchio di un prestigio che deriverà loro dalla ricchezza e mai dalla nobiltà. Alla mostra fotografica appena conclusasi su Franca Florio un prestigioso giornale dell’epoca da notizia della morte della “nobildonna” in questi termini: ”E’ morta la moglie del nipote del Bottegaio”.
In realtà la famiglia passa veramente alla nobiltà quando Ignazio sposa nel 1866 Giovanna d’Ondes Trigona, discendente di un’antica famiglia le cui glorie familiari giungono fino al tempo delle Crociate.
E sono le donne che nel romanzo hanno un ruolo molto importante e, l’amore di queste e per queste determina scelte di vita che favoriscono l’ascesa sociale della famiglia. Tra queste, in questa I parte della saga, emergono Giuseppina Saffiotti, madre di Vincenzo, e Giulia Portalupi, sua compagna e, in seguito, anche moglie. Due donne che amano lo stesso uomo di un amore diverso, naturalmente, un uomo che comunque ama principalmente i soldi. Intenso nel libro l’incontro tra le due donne in quell’incipit drammatico del “Fermatevi!” di Giulia che blocca Giuseppina per strada per farle conoscere la figlia primogenita a cui hanno dato il suo stesso nome.
Giuseppina porta in sé sempre quell’aridità d’animo di chi ha perso tutto ciò che amava sotto le macerie di un terremoto e rifiuta il gesto di Giulia che sa come offrire sempre una possibilità agli altri: -“…Questa catena non me la sono scelta io per i soldi. Ma che ne potete sapere voi che non avete mai amato nessuno!”-dice Giulia alla madre dell’uomo che ama.
Nelle parole di Giulia, tutta la sofferenza di una donna che lascia la sua famiglia a 25 anni e che avrà l’onore di diventare una Florio solo dopo aver dato a Vincenzo tre figli e il tanto agognato erede maschio. La sposerà quasi in segreto, di sera e senza sfarzo ma nel contratto matrimoniale farà includere la postilla che alla sua morte tutto sarebbe andato in eredità al figlio Ignazio, facendola restare , in fondo, sempre la sua concubina. Ma è a lei che Vincenzo penserà al momento di affrontarla veramente la morte. E penserà a lei come un dono, nè un ripiego né una maledizione. -“ Ti ho dato abbastanza?…Ti ho dato quello che volevi?” – le dirà Vincenzo, non riuscendo quasi più a muovere la lingua per dirle quelle parole. Ma è lei che sarà eroica e nobile con le sue parole verso l’uomo che ha sempre amato:-“ Si, amore mio. Mi hai amato abbastanza.”-
Sullo sfondo della storia della famiglia Florio, Palermo è un palcoscenico perfetto a cui l’autrice da ampia scena considerandola femmina e dea allo stesso tempo perché , come abbiamo visto, sono le figure femminili che, in fondo, conoscono la felinità di questi uomini e riescono a domarla. La città, nel romanzo, appare molto operosa con il suo porto affollato di battelli che arrivano e partono, carichi di manufatti prodotti dai ricchi opifici dei Florio, dei Gulì, dei Whitaker mentre l’aristocrazia resta a guardare bloccata nel suo immobilismo tenebroso.“
Per me Palermo ha un unicum che poche città hanno in Europa”, dice la Auci, “In essa il tempo si sovrappone su se stesso; è come racchiuso in una capsula in cui le sue mura raccontano la bellezza delle tante epoche della sua straordinaria storia”. “ Palermo riesce a nascondere molto ma non ruba nulla, prima o poi, ti restituisce quello che cerchi ed io ho cercato con molta lucidità forse perché, non essendone figlia, il cuore ha resistito all’emozione di appartenervi.
Così si conclude un pomeriggio davvero interessante. I rumori del traffico della via adiacente ci ricordano che è sabato e la gente è più frenetica del solito. Noi, in questo angolo accogliente, abbiamo recuperato una piccola oasi nella Bagheria traboccante di problemi. Grazie Stefania Auci di questa visita così piacevole. Grazie Liliana Caminiti dell’ospitalità. Aprire un libro e leggerlo ti salva dalla mediocrità e ossigena la tua intelligenza perché “quando il sole della cultura è basso, i nani hanno l’aspetto di giganti” (Karl Kraus).