E’ nelle librerie da alcuni giorni la seconda edizione del volume dell’architetto Antonio Belvedere “Il palazzo Cutò di Bagheria”. La prima edizione venne realizzata nel 1995, dopo il primo cantiere di restauro delle coperture che fu diretto proprio dall’autore del libro di cui vogliamo oggi parlare.
Abbiamo intervistato l’architetto Antonio Belvedere.
Architetto perché una seconda edizione?
“La prima era esaurita da tempo e anche le copie presso la nostra biblioteca comunale erano allo stremo: segno che devono essere state largamente consultate. Negli anni ho ricevuto parecchie sollecitazioni per farne una ristampa. Ne ho fatto invece una seconda edizione, per la quale oltre che autore sono stato grafico, impaginatore, editore e …distributore. Un lavoro lungo e faticoso ma poiché è una cosa che amo fare, alla fine mi sono anche divertito. Villa Cutò rappresenta una straordinaria occasione progettuale, una prestigiosa porta di città da affidare a professionalità competenti, colte e visionarie: esattamente l’opposto di quanto accade oggi, purtroppo. L’auspicio è quello di dare ancora una volta un contributo alle generazioni future perché il libro si legge come un racconto, ma è anche uno strumento di lavoro prezioso per chi si avvicinerà a questo monumento come progettista, come amministratore della cosa pubblica, o come semplice guida turistica.”
Editore?
“Si il libro esce in self-publishing, auto pubblicato insomma, l’autore che diventa editore di se stesso. Trovo ingiusta l’editoria a pagamento e, in generale, non mi piace il modo con cui gli autori vengono trattati dagli editori, a meno che tu non sia Camilleri o altro nome famoso. Non ti rispondono, ti chiedono soldi, oppure quando sono disposti a finanziare il progetto (a me è anche capitato) lo fanno con la spocchia infinita di chi sa di starti facendo un grande favore, considerato quello che c’è in giro. Capisco anche le loro difficoltà, però è diventata solo una faccenda di danari, non si da alcun valore al progetto, alla ricerca che vi è dietro, spesso faticosa e costosa: per le mie ricerche ho viaggiato e consultato archivi e biblioteche in giro per l’Europa.”
Vedo che ha in mente addirittura una collana editoriale.
“In realtà si tratta solo di cinque titoli dedicati a Bagheria, e spero di farcela, a volte dimentico di essere vicino alle settanta candeline… Mi ha divertito anche la creazione del logo QU-BA (Quaderni Bagheresi). Visto che QUBA in arabo è la Cupola, uno degli elementi architettonici più popolari, e io di architettura scrivo e mi occupo, ho usato la trascrizione araba di QUBA come logo.”
Quali le novità di questa edizione?
“Le novità sono tante, a cominciare dalla bella prefazione scritta da Sabina Montana, una studiosa che scrive del Settecento siciliano con grande rigore. Sostituisce quella prestigiosissima di G. Lanza Tomasi, che però ho voluto riproporre in appendice. Cambiano il formato, la veste grafica, il corredo grafico e iconografico è stato rivisto, aggiornato e integrato con nuove immagini cosi come il testo che è stato ampliato e rivisto in diversi passaggi. Il formato tascabile nasce da un mio innamoramento per i libri della Sellerio, ma visto che … non mi riuscirà mai forse di pubblicare con loro mi sono consolato immaginando il libro in «formato Sellerio». Scherzo (ma non troppo). In realtà, oltre a incontrare i miei gusti personali, questo formato mi ha permesso di ridurre in parte i costi di produzione del libro.”
Qual è lo stato di salute della villa?
“Non buono credo. È stato, ed è, male utilizzato. Molte delle grandi sale al piano nobile sono state per anni “ostaggio” di un fantomatico affidamento al DAMS che non ha portato alla città nulla di quello che si sperava. L’ala est è occupata dall’Associazione Bagnera che forse potrebbe rappresentare il nucleo generatore di un museo della memoria urbana, ma che attualmente, nonostante gli sforzi e le buone intenzioni di Angelo Restivo, appare più come un deposito un po’ confusionario di materiali vari senza un chiaro statuto per l’accesso e l’utilizzo degli spazi. Poi c’è il problema della manutenzione, di quella ordinaria e di quella straordinaria che non vengono fatte. Tutti conoscono l’abbandono di cui ha sofferto in questi anni la villa. Manca la visione strategica per il suo utilizzo ma sono mancati anche i buoni progetti di restauro, i grandi spazi interni sono stati mortificati da scelte progettuali di poco respiro. Oggi si sta intervenendo all’esterno, anche qui con poco discernimento e capacità di immaginare il nuovo assetto contemporaneo di una villa di campagna che diventa architettura urbana. E qui è meglio che mi fermi.”
Come è cambiata in 40 anni la sensibilità dei cittadini nei confronti del patrimonio monumentale?
“Io penso che una maggiore sensibilità ci sia. Oggi, rispetto al passato, i cittadini chiedono buone politiche e possibilità di accedere, conoscere e utilizzare il patrimonio monumentale. Però, per cambiare veramente, bisogna anche far crescere nei giovani e nei meno giovani la consapevolezza del disastro ambientale e urbanistico dei decenni trascorsi. La scuola potrebbe far molto ma invece di parlare del Sacco di Bagheria, della cementificazione mafiosa e del consumo di suolo che non si riesce a fermare, si preferisce spesso vagheggiare sui fasti del Settecento, con tanto di parrucche e balli in maschera ripresi poi e fatti circolare in video, con una narrazione stereotipata della storia del territorio che non aiuta a crescere. Bisogna raccontare la verità se vogliamo alimentare la passione civile dei nostri ragazzi.”