Quella di ricamare le storie è una caratteristica dei “cuntastorie” di lignaggio bagherese, che per fortuna mantengono sempre un fondo di verità. Guttuso diceva: “Vorrei arrivare alla totale libertà in arte, libertà che, come nella vita, consiste nella verità“.
Per molti lustri l’attempata cicerona della celebre Villa dei Mostri, Caterina Pagano, raccontò a curiosi e turisti di tutto il mondo, un pettegolezzo, parlando di un principe brutto, tale da essere irriso dai suoi cortigiani, ragion per cui fece realizzare statue con le loro effigie mostruose, per rendergli l’onta.
Nulla di tutto questo: il principe di Palagonia, detto “il Negromante”, era un bell’uomo ma anche stravagante e fu per questa sua stravaganza che fece ornare i muri di cinta della Villa con orribili figure antropomorfe. D’altronde la Villa era così ricca di oggetti mitologici che, quando Goethe nel suo celebre “Viaggio in Italia” ne parlò, la definì “pallagonico”.
Intanto l’anziana signorina Caterina Pagano, continuava a far cassa con laute mance di facoltosi turisti, per lo più stranieri, soddisfatti per l’intrigante storia e ignari che era priva di fondamenta.
Quella di ricamare le storie è una caratteristica di tanti cuntastorie di lignaggio bagherese. Nel tempo ne han fatto uso Ignazio Buttitta nella poesia “U varberi fimminaru”; Giuseppe Tornatore nel film “Baarìa”; Dacia Maraini nel romanzo “La lunga vita di Marianna Ucrìa”; Renato Guttuso nei celebri quadri “Battaglia del Ponte Ammiraglio” e “I funerali di Togliatti” e ancora i tanti che scrivono, compreso me, che da baharioto amo vergare le storie senza risparmiarmi nella fantasia.
Come è possibile tutto questo? ve lo dico in quattro e quattr’otto: il destino ai bagheresi non ci ha voltato le spalle, piuttosto ha lasciato che l’energia dell’Universo arrivasse a noi, attraverso enigmi e meraviglie, è bastato tradurre questi segnali in patrimonio intellettuale per poter trasformare ogni emozione nella trama barocca di un libro, di un film o di un dipinto.
Può accadere infatti che durante la scrittura sia la stessa trama a muovere la penna dello scrittore e che la mano preferisca ricamarla, piuttosto che lasciarla sobria. Questo è quello che sta accadendo nel mio misterioso libro: “Renato Guttuso / Quando la fedeltà non corrisponde alla fede”, un’insieme di storie dai contorni esornati, che riducono il mio ruolo a quello di autore dell’idea e non della stesura della trama. In ogni caso il contenuto rimane vero e nemmeno lontanamente può essere considerata una storia di fantasia.
Caterina Pagano in una foto di Francesco Cerniglia