Sono tutti riconducibili al mandamento mafioso di Bagheria i 21 arresti eseguiti questa mattina dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo, unitamente a quelli della Compagnia di Bagheria e del Reparto Anticrimine di Palermo, coordinati dalla D.D.A. di Palermo (Procuratore Aggiunto Leonardo Agueci, sostituto procuratore Francesca Mazzocco e Caterina Malagoli).
Secondo l’accusa, sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni, rapine, detenzione illecita di armi da fuoco, scambio elettorale politico mafioso e traffico internazionale di stupefacenti.
Nello stesso contesto, si è proceduto al sequestro preventivo di sette complessi aziendali e di numerosi beni mobili e immobili, tutti riconducibili a elementi di spicco della consorteria mafiosa, per un valore complessivo di circa trenta milioni di euro.
L’operazione è la risultante di parallele e coordinate indagini che, partendo da tre distinte direttrici, hanno consentito: al Nucleo Investigativo, di documentare le dinamiche criminali del mandamento mafioso di Bagheria e, in particolare, delle famiglie di Villabate e Ficarazzi; alla Compagnia di Bagheria, di scompaginare le fila della famiglia mafiosa di Altavilla Milicia; al Reparto Anticrimine, di accertare le responsabilità a carico di cinque soggetti in contatto con il sodalizio in ordine ad un traffico internazionale di sostanze stupefacenti tra l’Italia ed il Canada.
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Questi i nomi dei 21 fermati nell’operazione condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Palermo: Giacinto Di Salvo, 70 anni, nato a Bagheria; Sergio Flamia, 50 anni, di Palermo; Silvestro Girgenti, 42 anni, di Palermo; Salvatore Bruno, 36 anni, di Bagheria; Driss Mozdahir, 26 anni, di Palermo; Francesco Centineo, 29 anni, di Palermo; Vincenzo Gagliano, 49 anni, di Palermo; Vincenzo Graniti, 48 anni, di Bagheria; Pietro Liga, 47 anni, di Palermo; Salvatore Fontana, 63 anni, di Misilmeri; Michele Cirrincione, 29 anni, di Palermo; Atanasio Leonforte, 58 anni, di Ficarazzi; Salvatore Lauricella, 37 anni, di Palermo; Pietro Granà, 72 anni, di Altavilla Milicia; Rosario La Mantia, 49 anni, di Palermo; Raffaele Purti, 47 anni, di Palermo; Vincenzo Gennaro, 56 anni, di Palermo; Umberto Guagliardo, 24 anni, di Palermo; Pietro Tirrena, 38 anni, di Palermo; Giuseppe Carbone, 44 anni, di Palermo; Settimo Montesanto, 31 anni, di Casteldaccia.
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GLI ASSETTI DEL MANDAMENTO E I SUOI VERTICI
Le indagini, avviate nel 2011, hanno permesso di ricostruire gli assetti organizzativi e gli equilibri del mandamento mafioso di Bagheria, duramente colpito nell’anno 2008 con l’operazione Perseo, che portò all’arresto di numerosi affiliati e, tra questi, del suo reggente Giuseppe Scaduto, uno dei protagonisti del progetto di ricostituzione della commissione provinciale di cosa nostra.
ZARCONE Antonino, già a capo della famiglia di Altavilla Milicia, assumeva quindi la reggenza del mandamento, gestendone le dinamiche criminali, in sinergia con i vertici del mandamenti più influenti del capoluogo palermitano (Porta Nuova, Pagliarelli, San Lorenzo/Tommaso Natale).
La sua ascesa veniva interrotta nel dicembre del 2011 quando, con l’operazione Pedro, finiva in manette unitamente ad altri uomini d’onore del mandamento palermitano di Porta Nuova.
Con l’arresto di ZARCONE Antonino, la compagine criminale bagherese evidenziava chiari segni di crisi, di cui si faceva interprete, una volta divenutone reggente, un anziano mafioso, DI SALVO Giacinto (detto Gino), già capo famiglia di Bagheria. Tale periodo di reggenza è stato caratterizzato da alcune vicende che hanno influito sulla rimodulazione delle articolazioni del mandamento bagherese, tra esse l’indebolimento del vicino mandamento di Misilmeri che, a seguito dell’arresto del reggente, LO GERFO Francesco, perdeva la famiglia mafiosa di Villabate che, quindi, transitava al contiguo mandamento di Bagheria. Tale sostanziale cambiamento, a sua volta, traeva origine dalla fine della latitanza (con la cattura in Indonesia ad opera del Nucleo Investigativo, in collaborazione con l’Interpol) del capo della famiglia di Villabate, MESSICATI VITALE Antonino,che agevolava la ascesa criminale di LAURICELLA Salvatore, amico del MESSICATI e già a capo della famiglia mafiosa di Ficarazzi, al quale veniva affidato anche il compito di reggere la famiglia villabatese.
Alla luce di quanto sopra, può affermarsi che, attualmente, costituiscono articolazioni del mandamento mafioso di Bagheria le famiglie di Bagheria (che comprende anche i territori della frazione di Aspra nonché del comune di Santa Flavia), di Villabate e di Ficarazzi, di Altavilla Milicia e di Casteldaccia.
Le investigazioni hanno permesso di dimostrare che la struttura della consorteria di Bagheria riproduce il classico assetto verticistico dei sodalizi mafiosi, caratterizzati da una chiara e definita ripartizione dei ruoli. DI SALVO Giacinto si colloca a capo del sodalizio, in quanto forte di un passato criminale che lo ha visto trarre in arresto, nel 1998, nell’ambito dell’operazione Grande Oriente, in quanto ritenuto responsabile di aver favorito la lunga latitanza di Bernardo PROVENZANO, anche ospitandolo nella sua lussuosa villa bagherese.
Dai servizi di intercettazione è emerso in maniera chiara ed inconfutabile che DI SALVO Giacinto costituisce una utorevole elemento di raccordo delle più significative manifestazioni criminali del mandamento, talvolta contestato dai suoi diretti collaboratori che gli imputano un atteggiamento rigido ed accentratore, spesso finalizzato al soddisfacimento di interessi personali. A tal proposito è illuminante una conversazione intercettata, avente come protagonista FLAMIA Sergio Rosario che, testualmente, afferma: … questi …non hanno quella mente imprenditoriale …. ma che è giusto secondo te che a Bagheria ci sono un sacco di ditte di queste … di movimento terra … e i lavori li deve fare tutti Gino (DI SALVO Giacinto)?
FLAMIA Sergio Rosario, pregiudicato per fatti di mafia, è uno dei più fidati collaboratori del DI SALVO, per conto del quale gestisce la cassa del mandamento di Bagheria. Egli, in qualità di capo decina, si avvale di un gruppo di spregiudicati e pericolosi picciotti, a lui fedelmente legati, investiti di incombenze di mero carattere esecutivo ed individuabili in BRUNO Salvatore Giuseppe, GIRGENTI Silvestro, MOZDHAIR Driss detto Andrea, CENTINEO Francesco e GAGLIANO Vincenzo.
Sullo stesso piano criminale del FLAMIA, nella veste di capo decina, si colloca BARTOLONE Carmelo, già tratto in arresto nel 2005 per associazione mafiosa nell’ambito della operazioneGrande Mandamento, recentemente tornato in libertà e subito reinserito a pieno titolo nelle fila del sodalizio.
Anch’egli, che svolge un ruolo determinante nel reinvestimento dei capitali illecitamente acquisiti, è a capo di alcuni soldati, con mansioni meramente operative e individuabili principalmente in GRANITI Vincenzo e LIGA Pietro.
Particolarmente significativo, al fine di lumeggiare lo spessore criminale del BARTOLONE, è uno stralcio del provvedimento cautelare, relativo all’operazione Grande Mandamento, che testualmente riporta: …omissis…
BARTOLONE Carmelo risponde nel presente procedimento del reato di cui all’art. 416 bis c.p., quale componente della famiglia mafiosa di Bagheria, legato da peculiari vincoli personali e fiduciari con la famiglia EUCALIPTUS – in particolare con EUCALIPTUS Nicolò e con MORREALE Onofrio – ed impegnato attivamente sia nel circuito di trasmissione dei biglietti da e per il latitante PROVENZANO Bernardo, sia come prestanome nella titolarità dell’impresa SICULA MARMI, facente parte del patrimonio occulto del capomafia EUCALIPTUS Nicolò. Omissis …
Il carisma del BARTOLONE è messo in evidenza in un’intercettazione nella quale GRANITI Vincenzo, interloquendo con un altro sodale, rimarcava l’assoluta devozione nutrita nei confronti del suo capo, così affermando: “…io a CARMELO, …(omissis)… però CARMELO io non lo abbandonerò mai…”.
Più specificamente, dalle investigazioni è emerso il ruolo determinante svolto dal BARTOLONE Carmelo nel:
– sostenere economicamente la famiglia di ZARCONE Antonino e quella di alcuni soldati,durante la loro detenzione;
– contribuire al finanziamento della cassa della famiglia, con parte degli illeciti profitti derivanti soprattutto dalle attività estorsive.
La mattina del 04 dicembre 2012, si verificava però un accadimento destinato a segnare significativamente le dinamiche della famiglia mafiosa di Bagheria.
I Carabinieri della locale Compagnia, nel corso di un servizio di controllo effettuato sul conto di BARTOLONE Carmelo, per verificare il rispetto delle prescrizioni imposte dalla sorveglianza speciale di P.S., ne constatavano l’assenza.
La moglie, apparentemente per nulla allarmata, rappresentava ai militari che il marito si era allontanato volontariamente, portando con se anche una valigia con degli indumenti.
E, in effetti, il quadro complessivo delle risultanze investigative converge sull’ipotesi dell’allontanamento volontario del BARTOLONE, in considerazione:
– della sua caratura criminale e della certezza di poter ricevere appoggio dai suoi fedeli sodali anche per sostenere un lungo periodo di latitanza;
– dei contrasti avuti con DI SALVO Giacinto,tanto da fargli temere per la sua incolumità personale. Nello specifico, il DI SALVO avrebbe contestato al BARTOLONE il mancato versamento alla cassa del provento di alcune attività illecite.
Un’ulteriore chiave di lettura dei fatti di cui sopra, ci è fornita dalla conversazione intercettata fra Sergio FLAMIA e Vincenzo GAGLIANO, nel corso della quale il primo asserisce: “eh non solo! non solo si è andato a buttare latitante….ENZO se viene un uccellino e mi dice a me…”stai attento…guardati quando cammini e stai attento perchè…(incomprensibile)…il programma che vogliono ammazzarti che e come”…io mio tolgo il guinzaglio…ed affronto a chiunque perché sono onesto…ma se io mi attacco alla “lanna” (non contesto le accuse n.d.r.) e me ne vado … già la prima cosa che sto dimostrando è che…minchia ho torto…”. omissis ..cornuto ed indegno che è…ed è tanto cornuto…capace che pensa che sono io che lo volevo portare a morire…”.
Per quanto riguarda la famiglia mafiosa di Villabate, è emerso che è stata retta da MESSICATI VITALE Antonino, anche durante la latitanza e sino suo arresto, avvenuto in Indonesia. Costui, storicamente legato a MANDALA’ Nicola, ergastolano capo mafia villabatese, scalava i vertici della famiglia mafiosa di Villabate, succedendo a D’AGATI Giovanni (tratto in arresto nel 2009 nell’ambito dell’operazione Senza Frontiere).
Come già detto, successivamente all’arresto del MESSICATI VITALE, LAURICELLA Salvatore assumeva la reggenza sia della famiglia mafiosa di Villabate che di quella di Ficarazzi, che è riuscito abilmente a gestire grazie alla fedele collaborazione di uomini d’onore, quali LEONFORTE Atanasio Ugo, CIRRINCIONE Michele, FONTANA Salvatore e RUBINO Michele.
Con riferimento alla famiglia di Altavilla Milicia, le investigazioni hanno consentito di documentare la delicata fase di riorganizzazione del sodalizio in seguito all’arresto del suo capo, LOMBARDO Francesco. Le indagini hanno anche evidenziato il significativo ruolo svolto da alcuni sodali, tra cui Rosario LA MANTIA, Pietro GRANA’, Raffaele PURPI, Vincenzo GENNARO e Umberto GUAGLIARDO, non solo nella commissione delle estorsioni, manifestazioni criminali tipiche di cosa nostra, ma anche nella gestione e nel controllo della criminalità comune.
Inoltre, è emerso che il sodalizio si è occupato del mantenimento della famiglia del detenuto LIPARI Gaetano, insospettabile dipendente dell’ASL di Bagheria e noto per essere stato l’infermiere di PROVENZANO, che lo indicava nei suoi pizzini con il “numero 60”.
LE NUOVE AFFILIAZIONI
Cosa Nostra bagherese costituisce un archetipo criminale che si colloca a metà strada tra il vecchio e il nuovo, capace di rimodulare rapidamente i propri assetti per essere sempre incisivamente presente sul territorio ma, al tempo stesso, profondamente rispettosa delle tradizioni. L’ingresso nelle fila del sodalizio è considerato un momento fondamentale nella vita del mafioso, in quanto avvia un legame indissolubile di appartenenza e, pertanto, da enfatizzare con i rituali più antichi della affiliazione, quelli della punciuta e della presentazione delle nuove leve agli anziani uomini d’onore. Non meno importante la formazione e l’ammaestramento delle nuove leve che, secondo una ottimistica visione strategica, rappresentano il futuro di cosa nostra e pertanto devono essere bene indottrinati, se necessario anche con le maniere forti, come si fa con i giovani cavalli da trotto. A tal proposito, si riportano le seguenti conversazioni intercettate:
– “…ieri… …si doveva fare una certa situazione a Villabate… …dovevamo sistemare a uno di Villabate… ed è giusto che siamo presenti noi altri pure… “ho incontrato lo ZU GINU (DI SALVO Giacinto ndr)… …e lui poi lo prende e lo porta prima a prendersi il caffè e me lo presentate … perché si usa… …una presentazione ufficiale, anche se io lo conosco, so chi è…”. omissis “…però ci vuole una presentazione ufficiale… e non è venuto più!”;
– “quando vedi che nella salita fanno le bizze…piglia e colpisci con il frustino….sulle gambe…che loro il trotto non lo interrompono…purtroppo i cavalli giovani così sono”.
LE ESTORSIONI
Le investigazioni hanno permesso di ricostruire con certezza la commissione di undici estorsioni in danno di alcuni imprenditori edili di Villabate e di Altavilla Milicia, di commercianti bagheresi ed anche di un studio di liberi professionisti di Ficarazzi. La pressione estorsiva, pur essendo risultata particolarmente soffocante soprattutto a ridosso delle festività natalizie e pasquali, per il timore da parte delle vittime di pesanti ritorsioni, non ha incoraggiato alcuna forma di denuncia o di atteggiamento collaborativo.
Tutti i proventi delle estorsioni risultano essere stati in parte destinati ad alimentare la cassa del mandamento.
LE ARMI
La disponibilità di armi da parte della famiglia mafiosa di Bagheria risulta da numerose intercettazioni ambientali.
Nel luglio 2012, avendo appreso del luogo ove era stata occultata un’arma, nella disponibilità della famiglia mafiosa di Villabate, si procedeva all’arresto di DI PAOLA Luciano, autista di RUBINO Michele, al quale veniva sequestrata una pistola BELARDINELLI cal. 7.65 con circa 20 proiettili, perfettamente funzionante e risultata essere provento di furto.
LE RAPINE
Anche il settore delle rapine è risultato essere di particolare interesse per la consorteria.
Le indagini hanno consentito infatti di accertare oltre alla consumazione, da parte del sodale MOZDAHIR Driss, di una rapina in danno di un corriere espresso, anche un progetto di commissione di alcune lucrose rapine a gioiellerie e portavalori.
Il soggetto di riferimento per tale disegno criminoso è risultato essere l’affiliato BRUNO Salvatore Giuseppe,personaggio già emerso nell’ambito dell’operazione Perseo, in quanto uomo fidato dell’allora reggente del mandamento, SCADUTO Giuseppe, uno dei protagonisti del progetto di ricostituzione della commissione provinciale.
Il BRUNO, intercettato nel corso di una conversazione con un individuo rimasto ignoto, pianificava la commissione, anche con l’utilizzo di esplosivo, di una rapina ad un portavalori: “… glielo metto nelle aperture e …wuff (simulazione di un’esplosione) ….si fa ammazzare ….dipende quello che c’è la dentro…si fa ammazzare…. omissis ….si pigliano i sacchetti…e si chiudono di nuovo….” .
IL SETTORE DELLE SCOMMESSE SPORTIVE
Anche tale ambito, sempre più permeato dagli interessi illeciti di cosa nostra, è risultato essere strettamente controllato dalla mafia bagherese che, attraverso l’atttenta gestione di FLAMIA Sergio Rosario e BRUNO Salvatore Giuseppe, ne ha fatto una delle fonti economiche più significative del sodalizio. Lungimirante il progetto di FLAMIA di ricondurre le diverse agenzie di scommesse ad un’unica rete gestionale, al fine di consentirne una più efficace amministrazione.
Per il territorio di Villabate è emerso che LAURICELLA Salvatore ha gestito in maniera occulta alcune agenzie di scommesse sportive, i cui guadagni sarebbero stati destinati soprattutto al mantenimento delle famiglie dei detenuti.
In relazione a quanto sopra detto, si riporta uno stralcio di intercettazione che evidenzia chiaramente la destinazione al sostentamento delle famiglie degli utili ricavati dalle agenzie di scommesse: “mille e cinquecento euro a settimana … è buono che uno dice se lo dividono tre persone…non sono tre famiglie che vivono con cinquecento euro a settimana, con cinquecento euro alla settimana non vive bene?”.
LO SCAMBIO ELETTORALE POLITICO-MAFIOSO
Le attività hanno anche consentito di rilevare la perdurante capacità della consorteria di condizionare le dinamiche politico-elettorali locali. E’ stato accertato, infatti, un patto avente per oggetto la promessa di voti in cambio di danaro, 3.000,00 €, tra alcuni mafiosi di Bagheria e un candidato alle scorse elezioni amministrative regionali: quest’ultimo individuato in SCRIVANO Giuseppe, attuale Sindaco del Comune di Alimena (PA) e vicesindaco del Comune di Villabate dal giugno 2007 al giugno 2008.
IL SEQUESTRO BENI
Le acquisizioni raccolte hanno permesso di accertare come gran parte degli illeciti profitti di cosa nostra bagherese sia stata investita in beni mobili, immobili e complessi aziendali, intestati a prestanome compiacenti. Da ciò ne è derivata l’emissione di provvedimenti di sequestro preventivo di un cospicuo patrimonio nel cui ambito, in particolare, figurano:
– il noto locale notturno denominato “VILLA GIUDITTA”, situato in Palermo, via San Lorenzo, gestito fittiziamente da LESTO Michelangelo Maurizio e destinatario di investimenti da parte di ZARCONE Antonino e MESSICATI VITALE Antonino;
– la ditta CANDIS, operante nel settore del movimento terra, riconducibile a DI SALVO Giacinto;
– l’agenzia di scommesse GOLDBET di Bagheria, intestata fittiziamente ad un familiare di BRUNO Salvatore Giuseppe e riconducibile a FLAMIA Sergio Rosario;
– due supermercati, intestati a prestanome e gestiti occultamente da FLAMIA Sergio Rosario, anche con la complicità di GAGLIANO Vincenzo;
– la ditta Individuale “COSTANZO Giuseppa”, di Altavilla Milicia, operante nel settore edile, riconducibile a LA MANTIA Rosario;
– la ditta individuale “LOMBARDO Giuseppe”, di Altavilla Milicia, operante nel settore edile, riconducibile a LA MANTIA Rosario;
– la ditta individuale “L.M. COSTRUZIONI s.r.l.”, di Altavilla Milicia, operante nel settore edile, riconducibile a PURPI Raffaele;
– l’impresa individuale “SCIANNA Isidoro”, di Bagheria, operante nel settore edile, riconducibile a LIGA PIETRO;
– vari immobili, beni mobili, e conti correnti riconducibili a PURPI Raffaele, LA MANTIA Rosario, LOMBARDO Francesco e LIGA Pietro.
Il valore stimato dei beni e dei complessi aziendali oggetto di sequestro ammonterebbe complessivamente a circa 30 milioni di euro.
IL TRAFFICO INTERNAZIONALE DI STUPEFACENTI
Nell’ambito di una collaborazione info–investigativa con la Royal Canadian Mounted Police (RCMP) e dietro specifica richiesta in tal senso, nel settembre 2012 veniva avviata una indagine nei confronti di Juan Ramon FERNANDEZ PAZ, un noto esponente di cosa nostra canadese legato alla famiglia Rizzuto, attiva a Montreal e in altre regioni del Canada, espulso dal quel paese dopo aver scontato una condanna a 10 anni di reclusione e di recente giunto a Bagheria.
Le indagini hanno consentito di documentare il significativo ruolo svolto dal FERNANDEZ nella organizzazione:
– di un canale di importazione in Canada di pillole di ossicodone, una particolare sostanza stupefacente largamente diffusa nel Nord America ove è sottoposta a una stringente legislazione che ne limita la circolazione, avvalendosi di sodali palermitani in grado di garantire l’approvvigionamento del narcotico e la successiva spedizione;
– di un traffico di cocaina ed eroina dal Sud America verso il Canada e l’Italia. In tale quadro, le indagini hanno avuto riscontro nell’arresto di un affiliato al gruppo, SORCI Pietro, perché trovato in possesso di 650 grammi di eroina;
– la disponibilità di armi da fuoco.
Le investigazioni hanno anche permesso di delineare il particolare scenario criminale canadese, caratterizzato da una forte instabilità, soprattutto con riferimento a cosa nostra di Montreal e Toronto, lacerata da un conflitto che, negli ultimi 3 anni, ha visto l’esecuzione di più di 50 omicidi.
E’ così emersa la frattura esistente tra Vito RIZZUTO, noto boss di cosa nostra canadese e un suo luogotenente, Raynal DESJARDIN. Quest’ultimo approfittando dello stato di detenzione del rivale, avrebbe tentato di scalare i vertici dell’organizzazione, eliminando la vecchia guardia del sodalizio. Il tentativo, però, trovava la decisa e ferma reazione di Vito RIZZUTO il quale, tornato in libertà nell’ottobre del 2012, dopo 8 anni di detenzione, metteva in atto una controffensiva che gli consentiva di riprendere il controllo della famiglia.
(comunicato stampa diffuso dai carabinieri di Palermo)