di Giuseppe Martorana
La prima guerra mondiale, come è noto, scoppiò il 28 luglio 1914 e inizialmente aveva visto l’Italia rimanersene neutrale. Meno di un anno dopo, precisamente il 24 maggio 1915, anche la nostra Patria – allora la si chiamava così! – fu coinvolta nella partecipazione alla guerra. Tale coinvolgimento era stato voluto ardentemente dagli interventisti, capeggiati dai nazionalisti e da quella parte dei Socialisti sostenuti da Benito Mussolini, in quel periodo direttore dell’ Avanti! Questo fronte era completato dagli irredentisti Cesare Battisti, Leonida Bissolati, Gaetano Salvemini e Filippo Corridoni. Quest’ultimo, arruolatosi volontario, cadde durante un’azione militare nel mese di ottobre 1915.
Ma non è della Grande Guerra che voglio parlare, bensì della ricorrenza di essa, relativamente all’inizio delle ostilità che anche l’inno“La Leggenda del Piave” ci ricorda: “Il Piave mormorava, calmo e placido, al passaggio dei primi fanti, il 24 maggio….”.
La partecipazione ad una guerra di solito fa scattare tra la popolazione civile tutta una serie di iniziative di solidarietà tendenti a sostenere le famiglie dei richiamati al servizio militare, le quali non possono più contare sulle entrate per il mancato lavoro dei loro cari. Ma la partenza per il fronte metteva in grandi difficoltà soprattutto le famiglie dei piccoli proprietari terrieri, per quanto riguardava la coltivazioni dei loro campi.
Già durante la guerra italo-turca (1911-12), contro l’impero ottomano, per l’annessione della Tripolitania e della Cirenaica, c’erano state diverse iniziative volte a raccogliere somme di danaro non solo per le famiglie bisognose, ma anche per l’assistenza ai feriti che ritornavano dall’Africa.
Il Giornale di Sicilia del 3-4 gennaio 1912, dal titolo “Bagheria per i combattenti d’Africa”, scriveva tra l’altro:
“Questo Natale è stato una festa nuova per Bagheria: il paese ha mostrato di essere veramente patriottico. “La Casa di Cultura” ne aiutò moralmente l’impresa, i rappresentanti del Comune, con il lodevole interessamento, misero a disposizione tutti i locali del palazzo comunale che pel Natale e pel Capo d’Anno furono trasformati in un sontuoso festival.
Nel movimento di preparazione e di direzione stava un elettissimo Comitato di dame tra cui si notarono la coltissima signora Concettina Maggiore, moglie dell’egregio Giudice di Bagheria, la signora Giannina Verdone, moglie del vostro infaticabile corrispondente (Peppino Verdone), a cui si deve tutto l’esito ottimo della festa, la signora (Antonina) Fumagalli Arena, la signora(Marietta) Giangrasso Girgenti, la signora Verdone Caruso, le signorine Girgenti e Farina”.
Per organizzare ogni manifestazione non si poteva fare a meno dei consigli, dell’opera e dell’esperienza di due benemeriti cittadini che portavano il nome di Peppino Verdone, (come già detto) e di Gioacchino Guttuso Fasulo (padre di Renato), sempre presenti quando si trattava di operare nel sociale. Gli insegnanti erano sempre in prima fila a coordinare e cooperare; oltre alle già menzionate signore Antonina Arena Fumagalli e Marietta Giangrasso (madre di Attilio, Giovanni e Oreste Girgenti), sono da ricordare anche Vincenza Farinella, Modestina Ajon, Giuseppa Di Siena, Concetta Juva, Santina Spinnato, Salvatore Araja, Salvatore Aiello (padre di Tommaso, poi Rettore dell’Università di Palermo).
Le iniziative intraprese da privati, enti ed associazioni, incluse quelle di cui si faceva portavoce l’Amministrazione comunale, venivano chiamate “Feste per la Patria”. Di solito il ricavato di tali riunioni, alle quali partecipavano i cittadini più cospicui del paese, fruttava imprevedibili entrate che venivano utilizzate per i bisogni contingenti, ma anche per costituire un fondo cassa per le necessità future. A tale scopo nascevano dei Comitati permanenti che svolgevano la loro opera anche per l’assistenza ai disoccupati – specialmente nel periodo invernale – agli ammalati e alle famiglie prive di qualsiasi mezzo di sussistenza.
I primi Comitati che si misero in azione, subito dopo la dichiarazione di guerra all’Austria, furono la “Casa di Cultura” e la “Pro Patria”che cominciarono ben presto a fare incetta di oblazioni. Quest’ultima si prefisse di organizzare anche a Bagheria la cosiddetta “Fiera del Tricolore” che ottimi risultati aveva avuto a Palermo.
Questo il programma che fu comunicato alla cittadinanza, pubblicato anche dal giornale L’ORA del 9-10 giugno 1915: Cittadini! Il nostro proclama del 18 maggio – quando la santa guerra di rivendicazione contro l’egemonia degli imperi centrali non ancora era dichiarata – mosse il primo appello alla Vostra italianità pel concorso d’amore all’esercito combattente. Oggi che l’esercito nostro glorioso, condotto da Re Vittorio Emanuele III, abbatte le frontiere dell’oppressione e si inoltra a liberare le nostre Terre irredente, e a promuovere una più grande Italia, è mestieri si intensifichi la nostra azione civile.
Domenica, 13 giugno andante, una eletta schiera di signore e di gentili signorine si unirà a questo Comitato per la “Fiera del Tricolore”, simbolo della completa integrazione della forte Italia. Voglia il più alto sentimento patrio indurvi alla più bella gara di generosità.
L’intero ricavo di questa nobile opera del sesso gentile sarà devoluto alla Sezione III della “Pro Patria”: Soccorso alle famiglie bisognose dei soldati bagheresi”.
La Pro Patria, che si avvalse della collaborazione delle famiglie benestanti del paese e di diversi insegnanti, realizzò la insperabile somma di lire 674,07 che in seguito si incrementò con altre offerte pervenute a parte. Tra l’altro più di un centinaio di cittadini si impegnò a versare un contributo periodico mensile fino a quando ce ne fosse stato bisogno.
Il giorno della festa, tutti gli organizzatori, con in testa il gentil sesso, sfilarono lungo i Corsi principali, preceduti dalla banda musicale. Lungo il percorso veniva offerto in vendita il simbolico fiore.
Da segnalare l’idea veramente geniale della maestra Marietta Giangrasso Girgenti che schierò una squadra di 14 fanciulle, sue allieve, vestite in abito tricolore. Il loro movimento dava la sensazione dello sbandieramento del nostro tricolore.
L’attività del Comitato “Pro Patria” non si limitò solo alla organizzazione di pomeriggi o serate di beneficenza, di lotterie e di sorteggi, ma fece sì che cominciasse a funzionare anche un ufficio di informazione e di assistenza per le famiglie dei richiamati che aveva sede nel Corso Umberto I.
Tra la fine di giugno e l’inizio di luglio – ad appena un mese dal principio delle ostilità – arrivarono i primi feriti (Nicolò Di Bella e Vincenzo Morana). La Commissione portò loro il saluto della cittadinanza, confermando il massimo aiuto agli stessi e alle loro famiglie.
“Le donne del vicinato accorse – come scriveva il Giornale di Sicilia del 10-11 luglio 1915 – riconobbero nei signori della “Pro Patria”chiddi chi scrivinu i littri pi’ surdati, e magnificarono l’opera di questo Comitato ricolmandolo di benedizioni: U Signuri cci l’avi a fari chiddu chi fannu pi’ nuatri poviri matri”.
Per completare l’elenco delle iniziative intraprese durante il periodo della guerra, non posso non accennare a quella della principessa Sofia Lanza di Trabia, la quale, già nota per le sue opere di carità, volle far conoscere alla cittadinanza che, per tutta la durata della guerra, avrebbe somministrato a tutti i figli dei richiamati la colazione e il pranzo.