di Giuseppe Martorana
Pare che i Palermitani e i Catanesi vogliano rivolgersi ai loro Santi più miracolosi – rispettivamente Santa Rosalia e Sant’Agata – per ottenere la risoluzione del gravissimo problema del raccordo autostradale.
Anche a Bagheria, la cui popolazione ha sempre dimostrato grande religiosità, già durante il colera del 1837, che imperversò da maggio a luglio, si ricorse alle processioni. In quella del 12 luglio, accanto al patrono San Giuseppe, si portarono in giro per il paese anche le vare di Santa Rosalia e dell’Addolorata, con al seguito il sindaco Gesualdo Pittalà e le altre autorità civili e militari. Purtroppo durante quella intima e speranzosa manifestazione di devozione religiosa, alcuni malviventi, che la stampa di allora identificava come “i tristi”, nei pressi del piano Palagonia, colsero l’occasione per far fuori alcuni loro nemici ed avversari che partecipavano al corteo. Finì con il fuggi fuggi generale!
Quel colera determinò circa 600 morti che furono seppelliti alle pendici del Monte Giancaldo, all’altezza della Cappella, in via Vallone del Fonditore, costruita successivamente e dedicata alle anime di quel morti; ecco perché gli fu attribuito l’appellativo di Armuzzi Santi.
Un altro avvenimento similare da citare riguarda il terremoto del settembre 1906 che in diversi periodi, nell’arco di 15 giorni, colpì la fascia costiera da Palermo a Termini Imerese.
Nella nostra città, ad ogni minima scossa, la gente, terrorizzata, scendeva nelle strade invocando i Santi. La sera del 12 settembre, dall’imbrunire fino alle due dopo la mezza notte, “la popolazione – come si legge sul Giornale di Sicilia del 13 settembre 1906 – si riversò per le strade, seguendo le processioni improvvisatesi sul momento. Due simulacri di Santa Rosalia e quello dell’Addolorata, preceduti dalle rispettive congreghe e preti, girarono per tutto il paese, tra un salmodiare continuo dei fedeli impauriti:
A li quattru cantuneri
cci su’ beddi quattru artari
e la musica chi facìa
Viva Santa Rusulia!…
Il simulacro di San Giuseppe fu tratto fuori dalla cappella e collocato sulla soglia del Duomo, accerchiato tutta la notte, da una immensa folla di preganti”.
A mezzogiorno del 13, con i fondi raccolti tra la popolazione, fu sparata, lungo tutto il Corso Butera, una masculiata, la cosiddetta battaria. Ma più che apportare tranquillità, quei botti in molti cittadini determinarono l’effetto contrario.
L’articolista del G. di S. (si firmava Mefistofele, ma era lo pseudonimo del direttore didattico delle nostre scuole elementari Beniamino Cosentino) tra l’altro annota: “Le voci più strane, create dal pregiudizio e dall’ignoranza popolare, facevano il giro di tutti gli assembramenti. Si diceva che il Papa avesse mandato al Sindaco un telegramma per avvertire la popolazione che ci sarebbe stata una forte scossa; ma non si sapeva né dove, né quando; però era opportuno che tutti si mettessero in salvo. Figuratevi il panico”.
Anche nei giorni successivi furono avvertite altre lievi scosse; la gente continuava a starsene sotto le tende predisposte nelle piazze o in campagna. Ad Aspra, oltre alle tende, le barche da pesca furono trasformate in abitazioni, dove prendevano posto familiari, parenti e amici.
Intanto, i capipopolo facevano pressioni verso i sacerdoti affinché fossero organizzate ulteriori processioni; purtroppo, ai fedeli non si poteva dire di no, anche se mostravano di non condividere del tutto tali loro richieste. Di volta in volta venivano portati in giro i simulacri, per i quali c’era la disponibilità di vare. In uno di quei giorni fu portato in processione anche il simulacro della Madonna della Luce che non girava per le vie da più di trent’anni.
La popolazione si lasciava suggestionare molto facilmente, informata anche dalle notizie che giungevano dagli altri centri del Palermitano. Qualcuno era convinto che prima o poi qualche Santo (o tutti insieme?) avrebbe fatto il miracolo di far cessare le scosse telluriche. Ma era una pia illusione! Guai, quando si è presi dalla psicosi collettiva! Se a ciò aggiungiamo l’ignoranza e la superstizione, la frittata è servita.
Quando le autorità, i preti e le stesse congreghe cercarono di sconsigliare o addirittura di di proibire le processioni, le bigotte minacciarono il finimondo se fosse stata vietata la manifestazione domenicale la quale, alla stessa maniera di tutte le altre tenutesi nei giorni precedenti, non avrebbe certo fatto cessare le scosse.
Ma a poco a poco, grazie all’opera di persuasione esercitata dalle persone di una certa cultura su quella fetta di siciliani più superstiziosi, le manifestazioni popolari di carattere religioso cominciarono a decrescere, e si capì che non era più il caso di“disturbare” i Santi. Le preghiere e le litanie potevano essere recitate (rivolgersi a Dio e ai Santi è sempre un fatto positivo), ma non era da persone mature lasciarsi andare in un eccesso religioso che in alcuni casi era da considerare vero e proprio fanatismo.