Dopo 2 anni sono arrivate le sentenze di primo grado del processo Argo contro la famiglia mafiosa di Bagheria. L’operazione venne messa a segno il 9 maggio del 2012.
21 le persone condannate, mentre 2 sono le assoluzioni.
Gli assolti sono: Michele Cirrincione (difeso dall’avocato Filippo Gallina), e Vincenzo Gagliano (difeso dall’avvocato Debora Speciale). Per gli altri, le pene sono dure.
La sentenza è stata emessa dal gup Maria Pino.
Pene relativamente leggere per i collaboratori di giustizia Sergio Flamia (5 anni e 8 mesi), Giuseppe Carbone (4 anni). Antonino Zarcone (2 anni e 6 mesi) e Vincenzo Gennaro (3 anni). Le pene più pesanti per Rosario La Mantia (14 anni e 6 mesi), Salvatore Lauricella (14 anni) e Giacinto Di Salvo (12 anni).
Gli imputati e le rispettive pene:
Rosario La Mantia (14 anni e 6 mesi),
Salvatore Lauricella (14 anni),
Francesco Lombardo (14 anni),
Giacinto Di Salvo (12 anni),
Driss Mozdahir (12 anni),
Francesco Centineo (10 anni e 6 mesi),
Pietro Liga (10 anni e 6 mesi),
Vincenzo Graniti (10 anni),
Silvestre Girgenti (10 anni),
Salvatore Bruno (8 anni e 7 mesi),
Umberto Guagliardo (6 anni),
Sergio Flamia (5 anni e 8 mesi),
Pietro Tirenna (4 anni e 8 mesi).
Salvatore Fontana (4 anni e 4 mesi),
Raffaele Purpi (3 anni),
Vincenzo Gennaro (3 anni),
Lorenzo Carbone (2 anni e 10 mesi),
Roberto Aruta (2 anni),
Antonino Zarcone (2 anni e 6 mesi),
Raffaele Catanzaro (1 anno e 4 mesi),
Michele Rubino (1 anno e due mesi),
Rosario Ortello (un anno),
Nicola Pecoraro (un anno),
Michele Cirrincione (assolto),
Vincenzo Gagliano (assolto).
Nel 2013, dall’operazione del Comando provinciale dei carabinieri di Palermo e del Ros,coordinati dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Francesca Mazzocco e Caterina Malagoli, venne fuori lo spaccato di una mafia arroccata nelle tradizioni (dalla punciuta durante il rito di affiliazione alla presentazione dei nuovi picciotti agli anziani), ma che guardava al futuro investendo fiumi di denaro – la gran parte arrivata dal traffico di stupefacenti – nell’apertura di imprese edili, supermercati, agenzie di scommesse e locali notturni.
In cima alla lista degli imputati c’era Gino Di Salvo, considerato il nuovo reggente del mandamento di Bagheria. Una vecchia conoscenza delle forze dell’ordine visto che avrebbe ottenuto i gradi di capo dopo avere finito di scontare una condanna per mafia. Il suo delfino sarebbe Flamia, anche lui già finito in manette nei giorni del blitz Perseo del 2008. Allora gli veniva contestato il solo favoreggiamento per avere messo a disposizione un suo immobile per ospitare i summit dei boss di Bagheria. Successivamente, sarebbe diventato il cassiere del clan e infine pure lui pentito.