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lunedì 25 Novembre 2024

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Assolto il bagherese Antonio Cosimo D’Amico, dirigente dell’Ipa, che era accusato di falso

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Il bagherese Antonio Cosimo D’Amico dirigente dell’Ipa, (difeso dall’avvocato Velio Sprio), è stato assolto dall’accusa di avere falsificato degli atti e il finanziamento pubblico di quasi 200 mila euro erogato ad un’azienda agricola fu quindi regolare. La sentenza è stata emessa dal giudice della quinta sezione del tribunale monocratico, Salvatore Flaccovio, che ha deciso di assolvere “perché il fatto non sussiste” D’Amico.
Il giudice ha scagionato oltre D’Amico anche l’impiegata Angela Fazzari (difesa dall’avvocato Enrico Sanseverino), l’anziana titolare di un’azienda agricola con sede a Petralia Sottana, Agata Ferlito, e il figlio, Antonio Cappuzzo (entrambi difesi dall’avvocato Sergio Monaco).
La Procura aveva chiesto condanne a 4 anni ciascuno per i dipendenti pubblici, e a 3 anni per gli altri due imputati. Secondo il giudice però non ci fu alcun imbroglio nella presentazione della domanda all’Ipa per ottenere 199.950 euro nell’ambito del Programma di sviluppo rurale 2007-2013 e per realizzare un agricampeggio a Tre Fontane, a Campobello di Mazara.

La vicenda al centro del processo risale quasi a dieci anni fa, quando la ditta di Ferlito consegnò l’istanza all’Ipa nel giorno in cui era fissato il termine ultimo, il 22 aprile 2014. Ed è proprio sui tempi di consegna – avvenuti secondo l’accusa oltre la data prevista – che ruotava la contestazione. Durante le indagini della guardia di finanza, partite da un esposto anonimo su presunte irregolarità nel rilascio di concessioni edilizie da parte del Comune di Campobello di Mazara, era infatti spuntata proprio la domanda di Ferlito, sulla quale c’erano due marche da bollo da 16 euro con la data del 22 aprile 2014 e l’orario delle 17.21. Per gli inquirenti sarebbe stato dunque impossibile che il documento fosse stato consegnato agli uffici dell’Ipa entro l’orario di chiusura (le 14) – vista la distanza tra Campobello e Palermo – e per questo si era ipotizzato che gli atti fossero stati falsificati per agevolare l’azienda.

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