Durante l’anno appena trascorso, ho pubblicato sul quotidiano online “la Voce di Bagheria”, diversi articoli sull’autonomia differenziata, evidenziando le diverse sfaccettature che l’attuale disegno di legge determinerebbe con la devoluzione di materie, in ambito di diritti civili e sociali tutelati dalla Costituzione, alle competenze regionali.
A distanza di un anno, abbiamo appreso nei giorni scorsi dell’approvazione in prima lettura al Senato del DDL quadro (disegno di legge) sull’attuazione della riforma sull’autonomia differenziata.
Un disegno di legge che, in prevalenza, favorirà i territori del Settentrione ed impoverirà il Mezzogiorno.
Ad oggi non si parla, ancora, di cifre o somme che attestino le divergenze tra Regioni a causa delle modalità di definizione dei LEP (Livelli essenziali delle Prestazioni) che, secondo la riforma, fisseranno gli standard minimi di servizio necessari a garantire i diritti civili e sociali previsti e tutelati costituzionalmente prima di essere demandati alle Regioni.
Il quadro che si va delineando evidenzia una visione asimmetrica dai profili economici e di finanza pubblica divergenti tra gli enti locali a causa della loro capacità di spesa.
In questi ultime decenni i Comuni più ricchi hanno sempre più aumentato la loro capacità di spesa, mentre quelli più poveri l’hanno decrementata.
A questo punto sorge spontaneo il quesito: Chi sono gli Enti più poveri?
Sicuramente quegli enti che avendo difficoltà di introiti, detengono nei propri bilanci un consistente FCDE (Fondo Crediti Dubbia Esigibilità), cioè ingenti somme accantonate e congelate in bilancio per mancate riscossioni o meglio intrattenute in un fondo al fine di evitare di spendere tali risorse che risultano accertate ma non incassate.
Certamente i Comuni del Nord dimostrano una perfomance migliore in quanto migliore risulta l’erogazione dei servizi al cittadino, di contro i Comuni del Sud arrancano nella riscossione delle entrate previste e dovute dai contribuenti, siano essi cittadini o aziende e non riescono a garantire i servizi perfino di primo livello.
Recentemente ho partecipato alla 12° Convegno sulla Finanza e l’Economia Locale ed è emerso che i conti locali nazionali incontrano nel FCDE un vincolo di finanza pubblica fondamentale; un vero zoccolo duro. Nel suo complesso il FCDE ad oggi è talmente aumentato da valere circa 6 miliardi di euro; questo sta a significare che si tratta di somme congelate e non utilizzate per l’ordinaria capacità di spesa corrente; insomma
una vera e propria limitazione che il Legislatore ha imposto normativamente per i bilanci degli enti locali.
Differenziando il predetto fondo si rileva che nel Mezzogiorno in media i comuni accantonano tra il 15-20% per carenza di riscossione, rispetto al territorio del Nord che in media accantona tra il 5-10% del FCDE.
Sintetizzando, se queste sono le premesse contabili che delineano il gap tra i diversi comuni del Nord e del Sud in tema di autonomia differenziata, confidiamo nei LEP, quale ripartizione e gestione delle competenze regionali, che saranno la condizione necessaria e sostanziale per il rilancio del territorio in quanto trattasi di stime finanziarie.