E‘ passato un anno da quella tremenda tragedia del 3 Novembre 2018 che costò nove preziosissime vite.
L’alluvione, Il ricordo di quel tragico evento si rafforza e riaccende, s’incrocia e si sovrappone proprio alcuni giorni addietro, quando, insieme all’amico di sempre, raggiungiamo la città di mare Toscana (un tempo la più rossa di tutte) per partecipare ad un convegno di studi insieme ad un Livornese DOC.
Si ha poco l’impressione di essere in Italia, a Livorno, scriveva Pier Palo Pasolini, è una città di gente dura, poco sentimentale: di acutezza ebraica, di buone maniere toscane, di spensieratezza americanizzante. Pei grandi lungomari disordinati, grandiosi, c’è sempre un’aria di festa, come nel meridione: ma è una festa piena di rispetto per la festa degli altri»
Percorrendo le vie del centro insieme appunto a Massimo Del Fato, che di Pasolini ne ha fatto una religione ci si ritrova sul ponte della Madonna e di fronte ad esso ad un altro piccolo ponte sulla cui spalletta poggia una grande statua marmorea bianca di San Giovanni Nepomuceno.
San Giovanni Nepomuceno chi era costui? direbbe l’uomo colto.
Allo stupore, zeppo di domande, che rimandano nella nostra mente ad accadimenti e reminescenze nostrane, il Massimo risponde con foga ed entusiasmo, “sappiate che per Livorno Festeggiare la storia di San Giovanni Nepomuceno vuol dire riscoprire il simbolo di un panorama culturale, religioso, politico e artistico di respiro internazionale. Giovanni Nepomuceno. è Santo Patrono di Praga, della Repubblica Ceca e di tutta la Mitteleuropa e Patrono-taumaturgo dei confessori, degli avvocati, e soprattutto protettore dei ponti, delle acque è anche invocato per allontanare i rischi e pericoli di alluvione e allagamento.
Ma davvero non lo conoscevate, ce ne sono a centinaia in giro per i ponti d’Europa, chiosa.
La mente, forzata al cospetto di cotanta sfida, si proietta e corre sui nostri territori, ai nostri luoghi e agli ultimi accadimenti, ai morti nel fiume, alla statua del Nepomuceno, alla festa che non rispetta gli altri, al Rosso delle leggi nelle carte, alla baraonda sui media.
Corre a quel ponte sul fiume Milicia e alla stessa statua del Nepomuceno, spesso confusa come quella improbabile del San Giovanni Battista, e che invece padre Rocco Russo arciprete per più di cinque lustri, cita con dovizia di particolari nella sua “Casteldaccia nella Storia della Sicilia”, raccontandone persino le ragioni della sua giusta collocazione.
Corre proprio alla sera del tre novembre a quell’onda di acqua e fango sul fiume che travolse fra le tante altre cose, una piccola villetta abusiva, nella quale perdettero la vita nove persone.
A quel disastro di contrada Dagali di Cavallaro che difficilmente cancelleremo, dove nonni, zii, cugini, tra i quali due bambini di cui uno di tre anni si ritrovarono presenti in un luogo dove non sarebbero mai dovuti andare, e per di più nel momento fatale di un alluvione in cui era assolutamente inimmaginabile pensarli.
Corre, come sempre oramai accade, in questi casi, ai media, che nel giusto proposito di dare informazioni e verità invadono la scena insieme a sciacalli ed avvoltoi, fagocitando tutto e tutti, facendo scempio a volte della pena e dello stesso castigo umano che la tragedia riassume in se.
Corre alle carte di un processo, che lungo e faticoso porterà a scoprire inadempienze ed inosservanze e con esso, a quel geologo amico nostrano che segnò nel rosso intransigente delle leggi quelle aree, oggi come ieri, devastate dalla furia della natura.
Il fato, i santi ed i media poco possono là dove l’uomo nega la ratio ed abbandona la storia ed il rispetto delle leggi, solo per questo, ciò che non doveva e non poteva essere una festa, in quel luogo ed in quelle circostanze, muta in tragedia.
Intanto oggi 4 Novembre festa dei caduti in guerra, In ricordo delle vittime della tragedia dell’alluvione, alle ore 18,00 nella chiesa Madre di Casteldaccia, sarà celebrata una Santa Messa, con il massimo ossequio al dolore che affliggerà per tutta la vita i familiari e l’intera comunità e nel dubbio assillante che Il ricordo delle cose passate, come scriveva Marcel Proust, non è necessariamente il ricordo di come siano state veramente le cose, ci ritroveremo a pregare insieme.