Il tema delle competenze tra Stato e Regioni è attualmente al centro del dibattito politico.
Il Consiglio dei Ministri in data 02/Febbraio/2023 aveva approvato un DDL (disegno di legge) sull’autonomia differenziata, un vero e proprio capolavoro di riforma “legale” e strutturale per l’Italia, nel segno dell’efficienza, sviluppo e responsabilità.
Sono certo che l’approvazione di tale riforma, voluta fortemente dall’attuale Ministro per gli affari regionali e le autonomie Onorevole Calderoli, è passata inosservata per buona parte del popolo italiano, attratto ed intento a seguire il festival (nazional popolare) della canzone italiana in quel di Sanremo.
Ritengo che l’attuale Ministro, con tale disegno di legge, abbia fortemente a cuore l’interesse di un popolo (unito) nel richiedere (prodomo sua), in autonomia per le Regioni a statuto ordinario, una distribuzione (iniqua a mio avviso) di risorse ed una dotazione di servizi alla cittadinanza dalle competenze esclusive su alcune materie (istruzione – gestione porti ed aeroporti – gestione rete di trasporto e distribuzione dell’energia – valorizzazione beni culturali ed ambientali), attualmente di competenza dello Stato.
Dopo il Ratto delle Due Sicilie, il disegno di legge “politically correct” arrecherebbe vantaggio a favore di Regioni dotati di maggiore capacità amministrativa e vicino ai bisogni di un elettorato di comodo, piuttosto che sottostare alla burocrazia di uno statalismo centrale.
Certamente, un passaggio decisivo della norma condizionerebbe i LEP (livelli essenziali delle prestazioni), cioè quelle soglie minime di servizi che vanno garantite a tutti i cittadini sul territorio nazionale, altresì previste dalla Costituzione per tutelare i diritti sociali e civili di tutti gli individui.
Atteso che l’attuale proposta di passaggio di competenza ed efficacia in autonomia alle Regioni più efficienti determinerebbe un ampliamento del differenziale con quelle meno efficienti, a nulla varrebbe l’ipotesi di un ammortamento, per colmare il gap, con fondi e funzioni perequative dello Stato.
Di fatto, abbiamo visto come il principio del Federalismo fiscale, anziché mitigare le diseguaglianze tra Regioni, ha generato divergenze strutturali in campo di equità fiscale e determinato squilibri economico-sociali nell’erogazione di servizi di competenza.
Ma questa è un’altra storia “meridionale”!