Il Geosito Arco Azzurro a Mongerbino ha ospitato la presentazione dell’ultimo libro di Maurizio Padovano, scrittore e docente bagherese.Il luogo da poco restituito alla collettività e già protagonista di diverse manifestazioni culturali.
‘Pesce di Terraferma IV’ è il volume conclusivo del ciclo di brevi racconti che hanno esordito la prima volta nel 2015. Questi racconti, come è facile intuire, fanno parte di un unico romanzo, assolutamente ‘eterobiografico’ (tiene a precisare l’autore); secondo Padovano, infatti, è impossibile per ciascuno di noi, e ancora di più per i protagonisti di Pesce di Terraferma, raccontare la propria vita senza raccontare il proprio rapporto con l’altro, e le influenze che ne derivano.
Come precisa il professore Lo Piparo: “Sono racconti in cui il proprio vissuto si mescola con altri vissuti raccontati da altri. Anche questo è un altro tratto del pesce di terraferma: non distinguere il vissuto dalle parole con cui il vissuto viene raccontato. Vivere e raccontare sono indistinguibili”.
I temi affrontati all’interno del romanzo sono molteplici e, come suggerisce Camillo Scaduto (moderatore della presentazione), ‘Pesce di Terraferma’ è un romanzo che andrebbe letto due volte per scovare tutti gli spunti di riflessione e i sottintesi che l’opera è in grado di fornire al lettore.
C’è da dire però che un tema centrale o comunque ricorrente è quello della violenza e della reazione dei personaggi ad essa; l’evento violento viene spesso visto come lo strumento attraverso il quale il personaggio cresce e si trasforma in qualcun’altro. Una sorta di rituale di iniziazione alla vita adulta, in grado di far uscire da uno stadio liminale e quindi anonimo e di transizione, chiunque partecipi. “La mia infanzia e la mia adolesceza sono state violente” – racconta l’autore – “nel senso che ai miei tempi era quasi impossibile per i mammiferi maschi come me, affermare il proprio ruolo nel gruppo sociale di amici o compagni, senza subire, assistere o ricorrere ad atti violenti”.
All’interno di Pesce di Terraferma, la violenza è descritta, quasi tollerata. Ma ciò che succede è che gli episodi violenti perpetrati quasi sempre da un gruppo di persone, vengono contrastati da personaggi che a primo acchito sembrano deboli e fragili, ma che decidono (seppure con i propri metodi e con le proprie capacità) conspevolmente di resistere alla violenza, di superarla e quindi di allontanarla dalla propria vita.
‘La storia di Davide e Golia’, suggerisce il professore Lo Piparo, in cui il piccolo Davide si contrappone allo spaventoso gigante Golia (nei racconti rappresentato sempre non da un singolo individuo ma da un gruppo di persone) in maniera consapevole, a volte anche sofferta, ma comunque chiara. L’uomo che non cede al male, rimanendo in piedi anche se a fatica, davanti alla bruttura e alla violenza che il mondo può offrire.
Forse oggi più che mai, avremmo bisogno di piccoli e coraggiosi Davide o Pesci di Terraferma, in grado di contrastare (o almeno provare a farlo) i tanti Golia che spocchiosamente ci si parano davanti.
“Il pesce di terraferma è un animale impossibile” – aggiunge il professore Lo Piparo – “Gli animali impossibili sono immagini mentali che concettualizzano e fanno vedere meglio pezzi di mondo reale. E il pesce di terraferma di Padovano è un’impossibilità logica che descrive l’unicità paradossale di un animale reale: l’uomo”.