Le assenze del personale docente, il profitto e la disciplina degli alunni erano temi molto ricorrenti nelle scuole di Bagheria sin dalla costituzione del Regno d’Italia. In questo primo periodo il problema più impellente, per i comuni che gestivano le scuole, era dovuto alla copertura dei posti per mancanza di personale “patentato” cioè abilitato all’insegnamento. Per coprire qualche posto vuoto i Municipi ricorrevano ai “sottomaestri”, così detti perché si trattava di cittadini che, sapendo già leggere, scrivere e far di conto, erano legittimati a insegnare nelle prime e nelle seconde classi dopo un colloquio preliminare. Si poteva ottenere l’autorizzazione anche mediante la frequenza di conferenze magistrali e il superamento di un esame finale. Anche Padre Castronovo dovette partecipare a qualcuna di queste conferenze perché la condizione di sacerdote non era titolo idoneo all’insegnamento.
Il numero massimo di alunni per classe era di settanta ma si poteva arrivare anche a cento! Le assenze dei maestri non erano molte ma quando avvenivano, non essendoci graduatorie di aspiranti alle supplenze, si ricorreva all’abbinamento o a non fare entrare gli alunni del docente assente, specialmente quando si trattava di scuola o di classe isolata. Se l’assenza era più o meno lunga, si ricorreva all’orario alternato. L’abbinamento e l’orario alternato non erano tanto graditi ai maestri specie quando l’assenza si prolungava nel tempo. Per protestare, il personale docente si rivolgeva al delegato comunale alla Pubblica Istruzione o, per fare più presto, direttamente agli organi scolastici superiori, come nel caso della maestra Anna Sarullo che il 16 novembre 1875 chiese al Provveditore di “alleggerirla del duro peso caricatole nel dovere impartire l’insegnamento non solo alle classi 3^ e 4^ per le quali era stata eletta, ma fin anco alla 2^, a motivo che mancava tuttora la maestra per la sezione inferiore”.
Nel 1876, in occasione dell’assenza prolungata della maestra sig.na Bolla che abitava a Palermo, il sacerdote Castronovo che, oltre a insegnare in 4a classe (1), era anche direttore didattico (2), le scrisse una lettera sollecitandone il rientro. Questa rispose con una cartolina postale nella quale si leggeva: “Mi faccio dovere avvertirla che mia madre continua a guardare il letto. Mi auguro che in settimana si ristabilisca per fare presto ritorno. Non si dia pensiero della scuola, perché mettendomi poi a tutta possa, le allieve guadagneranno il tempo perduto”.
Il sacerdote Castronovo, in una lettera inviata il 21 gennaio 1876 all’Ispettore scolastico, aveva fatto rilevare tra l’altro: “La nostra classe inferiore femminile è stata sempre frequentata da circa ottanta allieve, e un giorno che a queste non si dà lezione c’è lamentazione per tutto il paese e le madri urlano come diavole che si vedono attorno le moleste bambine… Il fatto è che alcune allieve di quella classe non conoscono le vocali, quando dovrebbero cominciare a leggere…”
A ogni buon conto, presto o tardi, bene o male, i problemi si risolvevano anche perché la nostra Amministrazione era sensibile e attiva nel campo educativo e si avvaleva dell’opera del sacerdote Castronovo nella sua qualità di direttore didattico che i paesi vicini ci invidiavano.
Per quanto riguardava il profitto degli alunni, il personale docente era continuamente impegnato a sollecitare gli alunni a parlare e a scrivere in lingua italiana il che era molto difficile poiché i ragazzi conoscevano soltanto la lingua dialettale, non diversamente dai loro genitori. Lo stesso sacerdote Castronovo che, ripeto, insegnava in 4^ classe cioè quella finale del corso elementare, si lagnava con se stesso che i suoi alunni non sapessero elaborare i compiti d’italiano. Un giorno decise di inviarne uno stock all’Ispettore scolastico, il quale (siamo al 9 febbraio 1875) così gli rispose: “Rimetto alla S.V. i compiti della 4^ classe perché vegga come deve ancora molto lavorare per raggiungere lo scopo di avere alunni che possano scrivere, non dico con sintassi, ma almeno senza errori ortografici. Dal modo come essi hanno svolto l’argomento, chiaro si vede come siano poco esercitati nella lettura di buoni libri, la qual cosa non creda che io metta a suo carico ma sibbene alla poca voglia che i fanciulli hanno di studiare a casa. Non è la scuola soltanto che possa fare l’alunno, né il libro di testo che si una nelle scuole, ma è la famiglia soprattutto che deve curare che il proprio figliuolo si avvezzi a leggere, perché con la lettura soltanto può acquistare cognizioni. Non si perda d’animo, caro professore, egli ha una scolaresca intelligente, e questo è molto”.
Oltre al sacerdote Castronovo (3), in linea di massima, il personale che insegnava nelle scuole di Bagheria nell’ultimo quarantennio dell’Ottocento, tranne qualche rara eccezione, era di buona qualità e molto apprezzato. Ciò si rileva dai rapporti informativi, dai verbali di visita e dai certificati di servizio, dai quali si evince anche che i maestri insegnavano con amore, con zelo e con diligenza meritando quasi sempre la stima dei loro concittadini.
- La quarta classe era l’ultima del corso elementare e lo fu fino alla pubblicazione, nel 1923, della Riforma Gentile con nuovi programmi didattici curati da Giuseppe Lombardo Radice.
- Il comune di Bagheria nominò il direttore didattico a decorrere dall’anno scolastico 1871-72, ma non era obbligato a farlo. Tale carica diventò obbligatoria nei primi anni del Novecento con esonero dall’insegnamento del doc ent incaricato.
- Per un profilo più ampio del sacerdote Castronovo e per altre notizie sulla scuola dell’Ottocento vedasi il mio volume “Bagheria”, a pagina 357.
- B. – Quanto riportato tra virgolette e scritto in corsivo, è stato rilevato dai documenti della Busta 43 dell’Archivio di Stato di Palermo (ASP) alla Voce Consiglio Scolastico Provinciale (CSP).