di Giuseppe Martorana
Sul recente volume di Giuseppe Tornatore, “Diario inconsapevole”, non potevo che rileggere con piacere quanto da lui scritto in occasione del 70° anniversario della morte di Giuseppe Bagnera. Nel 1997, infatti, il 1° Circolo didattico che porta il nome del grande matematico, su iniziativa del personale docente e del direttore didattico Lucio Marchese, organizzò in grande stile la ricorrenza della morte del nostro grande concittadino, nato a Bagheria il 14 novembre 1865 e deceduto a Roma il 12 maggio 1927. In quella occasione, qualcuno si ricordò che anche Giuseppe Tornatore aveva frequentato “i scoli novi” e lo invitò a scrivere qualcosa sui suoi anni di scuola elementare. Quello scritto, che allora fu inserito nel volumetto “Giuseppe Bagnera, tra memoria e aneddoti”, è stato ora da lui riprodotto nel libro testé pubblicato. E ha fatto bene perché si tratta di belle reminiscenze scolastiche.
Un particolare ricordo di Tornatore riguarda il fioccare della neve mentre le scolaresche, tra le 17 e le 17,30 (secondo turno) uscendo dalle aule si immettevano nell’ampio cortile dove giganteggia il monumento di Giuseppe Bagnera,
Dopo il Duemila, quando ho cominciato a fare delle ricerche sulle nostre scuole elementari, mi sono imbattuto in un registro della maestra Giovanna Aiello. Avendo letto in precedenza il volumetto sull’anniversario della morte del Bagnera e che Giuseppe Tornatore era stato alunno della predetta docente, l’ho cercato tra i nominativi, ma non riuscivo a trovarlo. C’era invece un Salvatore Tornatore che ho riscontrato in tutti i registri dalla prima alla quinta classe. In quest’ultimo, finalmente, ho trovato la correzione del nome da Salvatore a Giuseppe. Al momento della prima iscrizione qualcuno della famiglia anziché dare il nome esatto, cioè Giuseppe, lo fece registrare come Salvatore, perché in famiglia forse lo chiamavano così. Al momento dell’iscrizione alla Scuola Media si trovò l’inghippo e si apportò la correzione sul registro. Un giorno, incontrandolo, gliene parlai e mi confermò quanto ho detto pocanzi.
A proposito della neve di cui parla Tornatore e che si verificò durante l’anno scolastico 1962-63, cioè all’età di sei anni quando frequentò la prima classe, tempo fa, rifacendomi alle notizie da me rilevate mentre facevo le ricerche di cui ho detto, soprattutto del periodo post-bellico, scrissi una paginetta dal titolo Neve, Neve, Neve mai pubblicata e che ora propongo ai lettori.
Anche se la guerra era finita ormai da tre anni, tutto ancora funzionava con mediocrità nelle nostre scuole. I problemi erano tanti e anche quell’inverno dell’a.s. 1948-49 si era presentato molto rigido, il che non faceva che acuire i disagi d’insegnanti e alunni, in considerazione che le finestre di molte aule erano prive di vetri, in alcuni casi sostituiti con fogli di cartone o tavole inchiodate. Si diceva che erano allapazzate!
L’amministrazione comunale di Bagheria era molto lenta a risolvere i problemi delle scuole elementari. Non si trattava, però, di cattiva volontà ma di mancanza di fondi. Le richieste provenivano da più parti e non riguardavano soltanto le scuole. Molto spesso il comune tamponava, più che risolvere il problema. Ecco perché gli insegnanti avevano di che lagnarsi e lanciavano continuamente appelli. Uno di questi è Nicolò Campanella che nel mese di dicembre 1948 si sfogava così: “Italia! Italia! Umanità! Umanità! Amministratori! Amministratori! Si è in pieno inverno e le finestre sono senza vetri. Si fa orario ridotto, ma si trema anche se si è ben coperti e ben nutriti, e i ragazzi malvestiti e miseramente nutriti che cosa faranno”?
Una maestra scrive sul suo registro: “Siamo a gennaio, il freddo comincia a farsi sentire abbastanza. Malgrado ciò e gli inconvenienti della mia pessima aula, quasi al buio per la mancanza di vetri, per la mancanza di banchi e per il continuo disturbo delle alunne delle altre classi, bisognava fare insieme alle allieve il proprio dovere”.
Nei primi di marzo arrivò anche la neve. Scrive un’altra maestra: “Neve, neve, neve! Spettacolo mai visto. Tutto bianco, il paese sembrava una cartolina illustrata”. Anche gli altri insegnanti annotano sui registri dell’abbondante nevicata e dell’entusiasmo suscitato in tutti i ragazzi per lo spettacolo nuovissimo cui avevano assistito. Da quel giorno non avrebbero più scambiato la grandine per neve, una lezione dal vero aveva dissipato per sempre ogni dubbio.
Scrive Ferdinando Scianna nel suo volume “Quelli di Bagheria”: “Le strade e i boschi coperti di rosse foglie d’autunno o la neve che cade a larghe falde erano per noi astratte immagini da libro di lettura. Una volta soltanto cadde in paese abbastanza neve per tutto ricoprire e magicamente pacificare per un paio di giorni”.
Il regista Giuseppe Tornatore – ed ecco uno dei suoi ricordi – all’età di sei anni rimase affascinato quando per la prima volta poté assistere a un’abbondante nevicata proprio nel cortile della scuola Bagnera. Scrive, infatti: “Improvvisamente nell’aria apparvero mille sbuffi bianchi che vagavano nel vuoto, leggeri come niente…Mille occhi increduli zigzagarono tra quelle piume che cominciavano a posarsi sui grembiuli, tra tante mani che cercavano inutilmente di afferrarle.. Di colpo la voce di qualcuno spezzò il silenzio: A niivi! A niivi! Era la prima volta che vedevo la neve”.