Blitz antimafia a Misilmeri e Belmonte Mezzagno.
I Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP del Tribunale di Palermo su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 7 soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, minacce aggravate dal metodo e dalle finalità mafiose, nonché spaccio di sostanze stupefacenti e spaccio di banconote contraffatte.
Le indagini sono la prosecuzione delle attività che nello scorso mese di marzo portarono all’operazione “Jafar” , consentendo di raccogliere ulteriori risultanze in ordine agli assetti e alle attività criminali del mandamento mafioso di Misilmeri-Belmonte Mezzagno. Avrebbero anche messo in atto numerosi atti di intimidazione a commercianti.
Le indagini hanno evidenziato come anche i contesti territoriali extracittadini subiscano le medesime incidenze malavitose proprie di Cosa Nostra che, secondo un ormai consolidato protocollo criminale, cerca di assicurarsi il controllo della più significative espressioni dell’economia locale attraverso eloquenti atti intimidatori (apposizione di colla attak, incendi ecc) di norma propedeutici a imposizioni estorsive.
Gli investigatori citano alcune minacce perpetrate ai danni di una macelleria al cui ingresso, l’8 marzo scorso, il suo titolare aveva trovato dei crisantemi oltre che le saracinesche imbrattate da chiare scritte di avvertimento mafioso.
Le investigazioni hanno documentato responsabilità in ordine ad alcune vicende estorsive, tra cui quella che ha visto il titolare di un esercizio commerciale di Bolognetta, intenzionato ad effettuare lavori di ampliamento dei locali, destinatario della richiesta di pagamento di 10.000 euro qualora per svolgere le opere non fosse stato disponibile ad avvalersi di un’ impresa vicina a “Cosa nostra”.
E l’attività estorsiva non risparmiava neanche le realtà economiche più modeste come un pescivendolo ambulante costretto a sborsare 500 euro.
Gli indagati avrebbero anche immesso in circolazione denaro contraffatto, proveniente da ambienti malavitosi napoletani. Ogni banconota di 20 euro costava 4 euro.
Sarebbe stata anche acquistata, a Palermo, sostanza stupefacente da destinare allo spaccio nelle piazze di piccoli Comuni della provincia.