Sig. Ministro,
Don Mario Picchi da cui ho appreso molte cose, aveva un’abitudine. Di fronte ai fatti di cronaca, anche drammatici, quando i giornalisti richiedevano interviste urgenti, rispondeva così:
“mettetemi le domande per iscritto ed io vi risponderò allo stesso modo tra qualche giorno”.
Spesso non lo richiamavano…
Era passata l’attualità che premeva per avere risposte immediate, pillole di saggezza (o di istintività umorale).
Io, sig. Ministro, ho letto l’intervista da lei rilasciata al Corriere della Sera, che l’ha pubblicata il 4 agosto u.s.; l’ho fatta “decantare” un po’ ed ora mi consento, anche per avere avuto occasione di conoscerLa, di sottoporLe alcune mie riflessioni in merito alla vicenda Cocoricò.
Parlo di “vicenda Cocoricò” e non della morte del giovane Lamberto perché mi sembra che il clamore mediatico suscitato sia, purtroppo, esploso proprio perché il dramma questa volta riguarda quel luogo.
Un locale che da lavoro a 200 persone ed ha sviluppato un indotto enorme, una vera industria del loisir.
“Siamo il teatro mondiale di un certo mondo”, è stato detto.
Le altre morti, le tante morti che non avvengono in un teatro, non fanno più notizia da tanto tempo ormai…
Tuttalpiù, se trovano spazio vengono relegate in un trafiletto nelle pagine interne (giovane trovato cadavere in una macchina, su di una panchina ai giardini nei bagni pubblici o nel bagno di casa…).
Lei ha detto: “agiremo contro coloro che non rispettano le leggi” e “Non possiamo rimanere a guardare i ragazzi distruggersi il cervello e rischiare addirittura di perdere la vita”.
Mi sembra una risposta giusta, doverosa per un Ministro.
Tuttavia, nei due giorni durante i quali ho ripensato alla vicenda mi sono chiesto se la Sua risposta, per quanto puntuale, sia esaustiva.
Dai Parlamentari e dai Ministri la Nazione aspetta non solo contributi alla soluzione dei tanti problemi che deve affrontare l’Italia, non solo la mera applicazione delle leggi, ma io credo che aspetti soprattutto l’indicazione di obiettivi alti, di scopi, di fini da raggiungere;
Aspetta una carica di entusiasmo e di vitalità che consenta di affrontare le tante nuove sfide.
Mi chiedo, come si concilia la Sua risposta con quanto dichiarato da un Parlamentare che sostiene la normalità e liceità dell’uso ricreativo di alcune droghe.
Io, senza per questo invocare guerre sante, mi chiedo pacatamente se non si stia facendo confusione…
Cosa si intende per ricreazione?
Ricreare, ricrearsi significa ricostruirsi, quasi rinascere. Il gioco ricrea. Perchè?
Perché il gioco è “simbolo del mondo”.
Il gioco mette in relazione con l’altro, fa scoprire l’altro, e la Gioia vera, l’allegria autentica nasce dalla scoperta reciproca e dall’interazione.
Le droghe che “aiutano a socializzare”, che stimolano la risata facile pretendono invece di generare l’emozione con uno stimolo chimico.
In realtà così, nella massa ognuno rimane disperatamente solo.
“Quanti eravamo!!!” ma chi erano gli altri?
Separati insieme, in un delirio nel quale non si esalta certo la personalità.
Non esaltazione, ma esagitazione, un esagitazione durante la quale spesso non emergono certo le migliori pulsioni.
La ricreazione vera, ma espressione di vitalità.
Lei non pensa che il nostro Parlamento forse dovrebbe chiedersi cosa può stimolare interesse e amore per la vita nei giovani?
Non dovrebbe il Parlamento chiedersi se invece è proprio l’incentivo a dimenticare, a fuggire, a sballare che spinge poi a cercare la morte come risoluzione del vuoto e dell’angoscia?
Forse è un utopia…
Ma sarebbe bello se tra i Parlamentari si discutesse di queste cose senza la preoccupazione che la scelta di una soluzione o di quella opposta possa far aumentare o perdere consensi.
La ringrazio per l’attenzione e Le auguro buon lavoro.