Sequestrati i beni di Benedetto Capizzi, 70 anni.
Capizzi è accusato di avere cercato di ricostituire la commissione provinciale di Cosa Nostra, con l’aiuto del bagherese Giuseppe Scaduto. Entrambi finirono in carcere nell’ambito del processo Perseo.
I beni sequestrati a Capizzi sono frutto dell’attività svolta dal nucleo investigativo dei carabinieri di Palermo, che aveva già portato al sequestro di beni per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro.
La complessa attività investigativa, svolta attraverso minuziosi accertamenti patrimoniali sui beni sospettati di essere nella effettiva disponibilità del predetto, ha consentito di individuare un ingente patrimonio illecitamente accumulato in diversi anni di malaffare.
In particolare, tra i cespiti sottratti alla sua disponibilità figura una villa a tre elevazioni fuori terra, residenza dello stesso e del proprio nucleo familiare, oggetto di sequestro e contestuale confisca con l’odierno provvedimento, grazie ad ulteriori e più approfonditi accertamenti attraverso i quali è stata riscontrata che l’intestazione ad altro soggetto, verosimilmente prestanome compiacente, era finalizzata ad eludere le norme in materia di misure di prevenzione patrimoniale.
Le indagini patrimoniali hanno avuto inizio a seguito dell’operazione denominata “Perseo”.
Dagli accertamenti che hanno portato all’emissione, nel dicembre del 2008, del citato provvedimento restrittivo, emerge come Benedetto Capizzi nonostante fosse detenuto alla pena dell’ergastolo, a seguito di due condanne rispettivamente del 2006 e del 2008, non solo continuava ad essere il reggente del mandamento di Villagrazia – Santa Maria di Gesù, ma aveva anche in animo, dopo gli arresti di Salvatore e Sandro Lo Piccolo, di ricostituire la Commissione Provinciale di “Cosa Nostra” e di porsi al suo vertice.
A tal proposito, emblematiche risultano le conversazioni con il figlio, tramite il quale Benedetto Capizzi impartiva le direttive per la gestione della consorteria e al quale perentoriamente raccomandava: “Se qualcuno vuole alzare la “cricchia” se la cali perché ci lascia la pelle, chiaro?…Pugno duro, hai capito? Pugno duro con tutti!”.
Parimenti, merita di essere riportata la conversazione intercorsa in una riunione di mafia tra Giovanni Adelfio, Giuseppe Scaduto e Sandro Capizzi, in occasione della quale, secondo gli accordi presi dallo Scaduto con Capizzi, venivano definiti alcuni tra gli aspetti salienti della Commissione Provinciale di “Cosa Nostra”: “…all’ultimo ci sediamo e cerchiamo di fare una specie di Commissione all’antica…cinque, sei, otto cristiani come si faceva una volta e quindi la responsabilità se dobbiamo fare una cosa ce l’assumiamo tutti”.