di Vittorio Panno
Ricorre il 26 febbraio il trentunesimo anniversario della marcia dei valloni nel tristemente famoso ” triangolo della morte” (così la stampa nell’agosto del 1982 definì il nostro territorio, teatro di una feroce guerra di mafia che insanguinò le strade, lasciando per terra decine di morti).
Questa manifestazione (organizzata dal centro studi “Pio La Torre”) che ricorderà ai posteri forse la sua pagina più bella di riscossa democratica delle popolazioni locali, e’ anche l’occasione per ” riproporre il tema dello sviluppo e della crescita della legalità di una zona afflitta da un grave disagio sociale a causa della crisi, aggravata dai fenomeni estorsivi e di usura diffusa e dai tentativi di ricostituzione delle organizzazioni mafiose ”. Purtroppo, nonostante le efficaci azioni delle forze dello stato (operazioni Grande Mandamento, Perseo, Argo) nel cercare di arginare o sradicare la presenza mafiosa nel nostro contesto sociale ed economico, la mafia continua ad insidiare più o meno apertamente lo sviluppo democratico ed economico del nostro territorio. Ne sono testimonianza ,oltre le citate operazioni delle forze di polizia, i numerosissimi episodi di estorsioni, morti, incendi di automobili e cose, minacce alle persone ed in ultimo lo scioglimento di un ‘ amministrazione comunale del nostro territorio (anche se aspettiamo di vedere pubblicate e leggere le motivazioni che hanno portato a tale provvedimento che ha avuto un iter ”particolarmente ” veloce).
Pertanto, oltre all’azione efficace dello stato, e’ necessario che le forze politiche e sociali, facciano la loro parte per isolare quelle classi dirigenti colluse politiche e non (i cosiddetti colletti bianchi: professionisti, imprenditori, responsabili di uffici della pubblica amministrazione) perché la mafia a differenza della criminalità comune e’ un contro potere che si contrappone allo stato e, come tale, ha bisogno di farsi stato essa stessa.
Urge pertanto cercare di individuare i settori, per renderli impermeabili all’infiltrazione mafiosa, dove la mafia trova lucro per i propri loschi affari e consenso sociale come erogatore di lavoro e quindi di benessere economico per le famiglie in cerca di lavoro: i servizi pubblici (rifiuti, illuminazioni pubbliche, gestioni cimiteriali ed altri ancora) grandi e piccoli appalti pubblici, gestione devastante del territorio .
A questo proposito ricordo l’inquietante vicenda del piano costruttivo in contrada Suppietro a Casteldaccia, tuttora in itinere e passata come patata bollente nelle mani di un commissario ad acta dell’ assessorato regionale al territorio ed all’ambiente nonostante le iniziative politiche del PD e del M5S .
La strada per sconfiggere e cacciare via la mafia dai nostri territori necessita pertanto non solo dell’efficace iniziativa dello stato e delle forze di polizia, ma di una costante partecipazione alla gestione della cosa pubblica dei cittadini e delle loro organizzazioni di vera ispirazione democratica ed anti mafiosa , dell’ isolamento delle classi dirigenti colluse e dei loro ” presentabili” prestanome e dello sviluppo ‘”sano” della nostra economia, con imprenditori ” veri” .