di Domenico Aiello
Immersi come siamo nell’eterno presente delle cose da fare è possibile che l’orizzonte del tempo vissuto sia quasi unicamente l’oggi e il domani. A un certo punto però della nostra vita, quando le fatiche e le delusioni rendono più opaca la giornata, senza volerlo riaffiorano dal passato i ricordi: momenti, parole, volti, odori… in ordine sparso. La memoria più lontana, scacciata dal quotidiano, fa sentire la sua indelebile presenza. Chissà perché in prossimità delle feste il ricordo del passato si fa più insistente.
Le feste religiose segnano il ciclo del tempo e da quella memoria degli Eventi prendono senso. In particolare nel periodo natalizio i ricordi disarticolati ai quali solitamente diamo poca importanza sembrano farsi più vivi … come a chiedere un pochino di attenzione in più. Forse ci diranno qualcosa di nuovo… stiamo al loro gioco.
Quando a Bagheria c’erano le strade n’ciacatati e noi ragazzi giocavamo sempre nelle stradine del centro storico o a ‘ Matrici il giocattolo più importante era u palluni! Purtroppo non si poteva costruire con pezzi vari di ciarpame o rottami riciclati come spesso facevamo. Il pallone di cuoio era un sogno…con il SuperSantos di gomma passavamo estati a tirare pallonate in piazza:una colpì in pieno l’arciprete Mons. Filippo Arena facendolo cadere vicino la fontana ra Matrici: l’esile monsignore venne subito soccorso ma noi vigliaccamente scomparimmo dalla circolazione. Da quel giorno quando scorgevamo la nera tonaca di Monsignore il gioco si bloccava…l’arciprete ci guardava con diffidenza e si allontanava velocemente.
I bambini pensano sempre ai giocattoli e proprio per questo le feste di Natale cominciavano già per i Morti: i genitori ci spingevano a cercare per casa i regali e trovavamo ceste con Pupi ri Zuccaro, pasti ri miele, mustazzuoli, melograni…. Poi i giocattoli si compravano nelle bancarelle :ce n’erano tante sia con la classica pasticceria delle feste che di cose per bambini e ragazzi.
Gli adulti ci facevano i regali solo per le feste non solo per ristrettezze di finanze ma soprattutto perché ritenevano che non fossero importanti: picchì asinnò i picciriddi s’addiccanu e ciò non andava bene. Per cui tra noi ci si arrangiava: gli strumenti dei giochi consistevano spesso in pezzi di legno o cartone, tappi di bottiglie, lattine e altri materiali di scarto; la mitica strummula era un oggetto che falegnami e fabbri di paese fabbricavano poi ognuno con la sua destrezza provvedeva a fare il resto.
Sotto Natale però le cose cambiavano: gli sfinciuoni per l’Immacolata e la cuccìa per Santa Lucia, le vacanze scolastiche in arrivo,la preparazione di presepi e alberi di Natale, le grandi mangiate tra parenti con relative giocate mettevano allegria e ci sentivamo tutti eccitati.
La vigilia dell’Immacolata fervevano i preparativi per gli sfincioni, croce e delizia dei baarioti: ingredienti e ricette venivano discusse e criticate sempre e talora diventavano scene da Opera dei Pupi per i duelli sulla bontà del proprio sfincione. Tutti eravamo mobilitati per lo sfincione: chi grattava il vastedduni per la mollica, chi prendeva il turno al forno:Bagheria era piena dell’odore ri sfinciuni .
Non poter mangiare il pane e la pasta per Santa Lucia ci immetteva nel tempo del ricordo della fame secolare che stava alle spalle della Sicilia e per esorcizzare u pitittu si divoravano bianche scodelle di cuccìa bianca, arancine e sfinci in quantità.
La preparazione del presepe era un’altra grande attività : dopo aver scelto e preparato lo spazio del presepe con tavole, sugheri, cieli di carta stellata e grandi rami di arance e mandarini, e grandi ritratti di san Giuseppe,si aprivano le scatole dove i pasturieddi, avvolti con carta di giornali, venivano conservati. Le discussioni vertevano sulla collocazione dei singoli personaggi e sui paesaggi: c’era sempre qualcosa che mancava e così subito a cercare fra bancarelle per scoprire la casetta giusta o la pecorella adatta. Ho conosciuto (anni dopo, da ginnasiale) l’avv. Pippo Zelfino e la sua passione per il Presepe: ogni anno si ispirava ad un dipinto famoso e disponeva i suoi antichi e meravigliosi pasturieddi come un grande tableaux artistico. Per Pippo Zelfino il presepe era un rito devozionale trasformato in opera d’arte… altro che presepini cinesi tutti in plastica!
La visita dei presepi delle case del vicinato era un obbligo : non si mancava mai alla novena soprattutto se accompagnata dal ciaramiddaru o dai suonatori ciechi. Un ricordo nettissimo di una sera: in un magazzino pieno di botti di vino tre suonatori cantarono la novena: uno recitava e cantava, un’altro suonava la chitarra, infine il più anziano, con gli occhi ciechi e dalla candida capigliatura batteva i il tempo con delle nacchere fatte con le ossa di animali.
Le cerimonie religiose nelle Chiese, ovviamente per noi bambini, si inscrivevano nella fantastica atmosfera del Natale e la notte di Natale si stava svegli per vedere nascere u Bambinieddu.
Non ho un’età tale da ricordarmi delle lucciole di Pasolini (la prima lucciola l’ho vista a 14 anni !a Chicago!) la tecnologia esisteva già e come non ricordare i film che in televisione accompagnavano le serate natalizie mentre si giocava a tombola tutti insieme: per noi allora tutti i film erano in bianco e nero ma i migliori film che ricordo sono ancora in bianco e nero e sono quelli di Charlot. Anche i grandi li conoscevano a memoria e ridevamo sempre.
Non so se l’infanzia sembra bella a tutti … diventando adulti si rimpiange la giovinezza e magari anche il mondo che l’accompagnava … so che non è così… eppure penso che, in qualche modo che non so spiegare bene, quell’infanzia passata per strada e con tante piccole avventure ci abbia influenzato positivamente. Almeno così mi piace pensare.
Buon Natale e buone feste.
articolo pubblicato sul numero di Dicembre de L’Approfondimento