“Cosa i nièsciri pazzi, pisciari fuòra ru rinali, m’arrizzanu i pila, pièiddiri u scièccu cu tutti i carrubi, fimmina i casa, u figghiu ra iaddina bianca, isari pruvulazzu, ca panza all’aria, essiri mancia francu, unni peissi i scaippi u signuri, nièsciri l’agghi.” Tutti questi detti li sentiamo ogni giorno per strada, al mercato, in piazza. Nuatri non ci facciamo caso e alle volte non conosciamo il loro significato. “Cosa i nièsciri pazzi” è come per dire: “incredibile” diciamo così quando qualcosa che va oltre le nostre capacità intellettive. La seconda “pisciari fuòra ru rinali” intendiamo dire che si sta un po’ esagerando. Vedete quanto può essere divertente la lingua siciliana?
“M’arrizzanu i pila” è quando abbiamo la pelle d’oca per un qualcosa che si è sentito dire e che ha dell’inverosimile.
“Mih e cu si, u figghiu ra iaddina bianca”? Sembra che le origini di questa espressione siano molto antiche. Questo modo di dire viene dal latino “gallinae filius albae”.
Si tratta di una locuzione che ritroviamo nella letteratura latina e che per secoli è stata tramandata da padre in figlio. Secondo fonti antiche si narra che la gallina bianca è simbolo di auguri e buona fortuna e che tutti i suoi nati sono considerati sacri. Con questa espressione si vuole mettere in evidenza qualcuno che mostra un senso di superiorità rispetto agli altri. “Unni persi i scarpi u Signuri”.
L’espressione significa “dove ha perso le scarpe il Signore” e indica un posto lontano e difficile da raggiungere. C’è da dire che per noi siciliani ogni luogo sembra difficile da raggiungere, una gran fatica per noi recarci in un posto lontano. Un esempio tipico sono i festeggiamenti per un matrimonio. Capita spesso che ti invitano in una sala ricevimenti in montagna o al mare e spesso ci sentiamo confusi, facciamo ore e ore di programmi per raggiungere la meta, quannu poi si tratta soltanto di pochi chilometri. Anche qui semu puru esagerati. Altro esempio: il posto di lavoro che ho trovato dopo tanti sacrifici si trova “dove perse le scarpe il Signore”. Ma mi dumannu: “ma quannu i persi sti scarpi u Signuri?” “E comu mai Iddu, ca è potente, un s’accurgiu ca li aveva persi?” Iddu ca tuttu viri e tuttu sapi, non le ha mai ritrovate?
Ci sunnu domande che sono ristinate a rimanere senza una risposta. Noi siciliani continuiamo a usare questo detto anche se non ne conosciamol’origine, ma u significatu lo conosciamo bene e al momento giusto lo tiriamo fuori.
E pi steinnata finiu, chiddu ca voli Diu! Baciamu li manu!
Anna Citta è una docente di Lingua e Letteratura Inglese. Vive a Porticello, un piccolo borgo marinaro. Ha due grandi passioni: il mare e il dialetto siciliano. Da circa 10 anni Si interessa di tradizioni popolari e di detti tipici del nostro dialetto, usi e costumi, proverbi e altro. Il suo è uno studio senza fine, una grande passione che coltiva nel tempo libero. Pensa che studiare una lingua sia il modo giusto per entrare nella vita della gente, per capire i sentimenti di un popolo e il loro modo d’essere, per sentirne gli odori, i sapori e conoscere il dolore della gente. Per questo ama la Sicilia e la sua sicilianità.
foto Martino Grasso, vietata la riproduzione