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lunedì 25 Novembre 2024

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I cunti siciliani. “A tavola è trazzera” di Anna Citta

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galateo come mangiare
anna citta
anna citta
5 minuti

Nuatri siciliani semu cumminati accussì, statemi a sentire. Ci crediamo veramente che il cibo unisce le persone. Una bella tavola cunsata lascia spazio a discussioni, sorrisi, vuci e segreti cuntati. “A tavula, si rici che è trazziera” e cu arriva trasi e mancia. U manciari ci rende felici e conviviali e quannu manciamu semu rilassati, ma accussì rilassati ca ni manciamu puru a tavula.

Quantu vuoti vi siete trovati in un pranzo con i familiari dove sono nate delle liti improvvise e poi alla fine tutto torna in armonia proprio picchì arrivaru i cannoli e le cassate? Per noi il cibo è vita, e gli diamo tanta importanza tantu che lo facciamo diventare il protagonista di ogni evento. Ricordate le domeniche passate a casa della nonna dove mangiavamo u sucu ruossu, i pittinicchi e a cùtini? Anche Giovanni Verga nelle sue opere esaltava il cibo, metteva in evidenza l’attaccamento del siciliano al cibo. Un rapporto quasi morboso. Picchì i siciliani manciamu? “Per nutrirci” direbbe quaiccunu! Il cibo lo usiamo per avere il controllo sulle nostre vite, potrebbe essere anche una consolazione; forse la vita è troppo amara dalle nostre banne e allora per accettare questa sofferenza quotidiana il cibo diventa l’unico elemento di appartenenza a questa terra travagghiata. Ma quantu mancia un sicilianu? Mizzica si mancia! U problema sta nelle porzioni. A nuatri unn’abbastanu mai! Nisciennu dalla Sicilia chi manciati? Vi sintiti sempre digiuni, e poi cercate il pane. U pani unn’avi a mancari mai. U pani ni sièivvi pi accumpagnamientu, chistu picchì mentri manciamu ni sintemu suli. Ogni elemento culinario avièmu una scusa pi manciarinnillu. E se partecipi ad un pranzo, quello che rimane, viene diviso e ti nni vai con un po’ di cumpanaggiu per il giorno dopo. E’ usanza quella di prendere qualcosa e portarsela via, e se ti rifiuti, c’è la zia di turno che te lo ricorda: “pigghiatillu che ti può servire in caso di una improvvisa carestia settimanale.” Da noi i mali cuosi le prevediamo, e anche se non accadrannno mai, pronunciamo la famosa frase: “un si po’ sapiri mai un cuòippu i sali improvviso”. E mangiamo cose ammuttunate, cioè ripiene di mollica; ammuttunate perché con le mani spingiamo verso dentro tutto il ripieno in modo che tutto il ripieno possa arrivare all’interno dell’ortaggio. Ricordate le famose cacocciole ammuttunate, le milinciane e pure i peperoni. A muddica a facièmu atturrata per metterla sulle pietanze a base di broccoli. Usata anticamente in sostituzione del formaggio, picchì quest’ultimo, dovete sapere, custava assai e le famiglie meno abbienti purtroppo non potevano accattarlo. E non dimentichiamo che noi siamo il popolo dell’abbondanza. A nuatri il cibo unn’abbasta mai. Semu comu si dici dalle nostre parti “vureddu spunnatu”. L’abbondanza è un concetto soggettivo e per un siciliano niente è abbondante. Vogliono porzioni sempre abbondanti, i piatti vengono divorati con grande passione, una passione che deve essere consumata all’istante. Insomma questo rapporto tra il siciliano e il cibo resterà per sempre la più grande storia d’amore. Baciamu li manu!

Anna Citta è una docente di Lingua e Letteratura Inglese. Vive a Porticello, un piccolo borgo marinaro. Ha due grandi passioni: il mare e il dialetto siciliano. Da circa 10 anni Si interessa di tradizioni popolari e di detti tipici del nostro dialetto, usi e costumi, proverbi e altro. Il suo è uno studio senza fine, una grande passione che coltiva nel tempo libero. Pensa che studiare una lingua sia il modo giusto per entrare nella vita della gente, per capire i sentimenti di un popolo e il loro modo d’essere, per sentirne gli odori, i sapori e conoscere il dolore della gente. Per questo ama la Sicilia e la sua sicilianità.

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