“Doppu Natali lu friddu e la fami”. I proverbi rappresentano la saggezza antica. Specialmente in Sicilia ogni evento, luogo, ogni momento quotidiano viene sottolineato da un proverbio o da un detto, che rappresenta la cultura popolare. I siciliani non abbiamo un bel rapporto cu friddu.
I detti sono tanti e ognuno di essi mette in evidenza il nostro rifiuto e la nostra paura per le condizioni avverse. Ricordate l’espressione: “u friddu si tagghia chi cutieddi” chi veni a diri? O ricorderete l’espressione: “carinu acièddi muòitti”? Addirittura acièddi in aria che volano, cadono a terra morti per il troppo freddo. Stiamo lì a sottolineare e ad esagerare la condizione meteo del nostro territorio, che alle volte esagerata lo è come i nostri modi di fare. Vogliamo enfatizzare questo senso del freddo ghiacciato a tal punto che si può addirittura tagliare con un coltello.
L’umidità dell’aria condensa sulla superficie, congela e diventa brina. In questo caso, abbiamo formazione di ghiaccio anche se la temperatura dell’aria è inferiore allo zero e così soltanto possiamo tagghiari u friddu. Noi siciliani se ci sono pochi gradi ri friddu non usciamo di casa. Nzamaddiu chiuovi! Noi prima di uscire di casa guardiamo il tempo e possiamo anche decidere di oziare, picchi noi possiamo. Addirittura cambiamo i nostri piani e decidiamo ca è miègghiu starisi a casa. Ma chi cos’è stu rifiuto del freddo? A nostra è tièrra i suli, e ru suli vogliamo essere vasati, quariati, abbruciati. Noi siciliani se la mattina ci svegliamo con la pioggia, ma chi dici!
Una maledizione n’arrivò. Rimaniamo a campasiare impotenti contro la natura avversa. Non ci siamo abituati e neanche le nostre case sono adatte a questo gelo. Stiamo in casa cu quattru magghiuni, a birritta e i cuasietti i lana fatti dalla nonna pi corredo. E’ un rapporto di sofferenza chiddu cu friddu, non accettiamo la stagione invernale. Proverbi sul freddo ne abbiamo una catasta, propriu picchì un ni po’ paciri. Ricorderete anche quel detto che recitava accussì: “U friddu marzulinu voli focu, lettu e vinu”. Chi vene a diri? E’ un bisogno fisico, questo proverbio usato come regola da seguire. La traduzione: “Il freddo di marzo vuole fuoco, letto e vino“. Questo proverbio ci ricorda che per combattere il freddo di marzo ci vogliono il fuoco e per fuoco si intende una stufa, un camino, il letto che sta per il riposo e il vino che scalda corpo e spirito. Perchè marzulinu? Si dice che gli ultimi giorni di marzo sono noti per essere tra i più freddi. Altro detto conosciuto è: “A tempu ri friddu, bonu manciari a unu, e curcari a dui.” Quando fa troppo freddo è sempre buono coricarsi con qualcuno accanto perché ti farà da stufa pi quariariti i pièri e tanto altro. Ma un siti mali pinsaturi. Ora vi salutu picchì finiu e chiddu chi voli Diu!
Anna Citta è una docente di Lingua e Letteratura Inglese. Vive a Porticello, un piccolo borgo marinaro. Ha due grandi passioni: il mare e il dialetto siciliano. Da circa 10 anni Si interessa di tradizioni popolari e di detti tipici del nostro dialetto, usi e costumi, proverbi e altro. Il suo è uno studio senza fine, una grande passione che coltiva nel tempo libero. Pensa che studiare una lingua sia il modo giusto per entrare nella vita della gente, per capire i sentimenti di un popolo e il loro modo d’essere, per sentirne gli odori, i sapori e conoscere il dolore della gente. Per questo ama la Sicilia e la sua sicilianità.
