L’Identità bahariota è “mostruosa”, non nel senso di bruto ma della potenza. Infatti quando Renato, che veniva dal popolo, capì che non avrebbe potuto coronare il suo sogno d’amore con l’aristocratica duchessa Topazia, per la mancanza da parte sua dello status di privilegiato: titoli e ricchezza, decise che doveva diventare Re e lo diventò. Da quel giorno Renato decise di essere Re-nato, più esplicitamente Re Guttuso.
Il Re Guttuso accumulò tanta di quella ricchezza che non avrebbe mai potuto dilapidare nemmeno vivendo più vite e abitò in palazzi nobiliari, in quel di Roma, Palermo e Varese.
Persino la morte gli riservò un trattamento diverso dai comuni mortali: tre funerali con cardinali e politici di rango; godette del dono dell’ubiquità, per cui la sua memoria la si può onorare sia nel mausoleo appositamente creato da Manzù per Villa Cattolica quanto nel cimitero di Bagheria; per non parlare dei titoli in prima pagina di tutti i grandi giornali italiani.
Scusate se questo è poco per convincere l’Amministrazione comunale a comprare la povera casa dove Guttuso abitò e operò, dipingendo tra l’altro l’opera “Io lo vì”, un dipinto che documenta una pagina buia della nostra città.
Allora, si prenda atto di un fatto inconfutabile, ovvero che la ricchezza di una Comunità si misura con la memoria storica, quella che nei paesi civili viene tramandata attraverso i musei, perche in mancanza di questo si rischia di perdere la propria identità e un popolo senza identità non è un popolo.
La casa di Guttuso rafforzerebbe la proposta culturale della città, non più da turismo mordi e fuggi, ma stanziale.
Tutto questo può farlo solo un grande manager, un’eccellenza che sovrintendendo ai beni culturali, li valorizzi e metta a rete, creando una grande sinergia. E come ho già detto in passato, è auspicabile che oltre alla casa della pittura, ci sia anche quella del cinema e della fotografia e quella della poesia.
Bagheria ha le carte in regola per volare alto, deve solo giocarle bene e per far questo occorrono al “tavolo verde della speranza” bravi giocatori.
P.S. Dimenticavo, una situazione di questo genere avvantaggerebbe in automatico tutte le altre realtà economiche della città, anche quelle che sembrano non rientrare in questa riflessione.