Ricordo che la prima volta che ho sentito pronunciare la parola “razionamento” risale a circa ottanta anni fa, più precisamente all’inizio del 1940 (nel 1943 avevo sei anni), quando la seconda guerra mondiale era in pieno svolgimento.
Anche la tessera annonaria, la borsa nera, l’intrallazzo e… lo sfollamento erano vocaboli e locuzioni molto ricorrenti.
Tempi bui e tristi erano quelli, per l’indigenza e per la fame che molte famiglie soffrivano. Procurarsi il cibo, soprattutto pane e latte, era un’impresa; li trovava sempre chi viveva in una condizione agiata o aveva accumulato dei risparmi. Le bombe erano un altro incubo, anche se il nostro paese non ebbe a patire bombardamenti mirati, come invece avveniva nella città di Palermo. È meglio, però, fare un passo indietro, prima di parlare della guerra in corso tra Russia e Ucraina, o meglio dell’invasione russa di Putin.
Nel 1939, nonostante la non belligeranza dichiarata da Mussolini, s’instaurò un’economia di guerra, anche perché l’Italia non avrebbe potuto certamente tirarsi indietro, e alla fine avrebbe dovuto intervenire; era ineluttabile che ciò avvenisse. Secondo me, se si fosse schierata dalla parte di Francia e Inghilterra non solo sarebbe stato un fatto anomalo considerato che queste due nazioni avevano imposto sanzioni dopo la guerra etiopica, ma avrebbe avuto subito l’invasione tedesca; si è schierata con la Germania, ma l’Italia non era preparata alla guerra, viste le disfatte in Africa, in Grecia, in Russia. Poi… sappiamo tutti com’è andata!
Dicevo prima, dell’economia di guerra, e le prime iniziative portarono alla proibizione della vendita della carne il giovedì e il venerdì, il divieto di circolazione delle auto quando non si trattava di una necessità, il razionamento del carbone da riscaldamento, l’ammasso obbligatorio di numerosi prodotti agricoli.
Nelle scuole si cominciò la raccolta della carta e dei rottami di ferro, e l’UNPA (Unione Nazionale Protezione Antiaerea) incominciò a organizzare nelle città prove di oscuramento simulando attacchi di aerei nemici.
La maggior parte dei generi alimentari, sin dall’inizio del conflitto, fu sottoposta a razionamento; molti generi alimentari diventati rari o scomparsi furono sostituiti da surrogati: radici torrefatte di cicoria al posto del caffè e margarina invece di burro. Tipico surrogato, senza altra specificazione, era quello di caffè, tant’è che si chiedeva al bottegaio un etto di surrogato e al bar una tazzina di surrogato. A questo proposito il poeta dialettale Giuseppe Schiera, recitava ironicamente: “Quannu u re era re / mancava u cafè. / Ora è mperaturi / e manca u caliaturi / e si pigghiamu natru statu / manca puru u surrogato”.
Evidentemente il costo di questi prodotti era inferiore e di più facile approvvigionamento. Nel 1940 quando l’Italia, purtroppo, per il precipitare degli avvenimenti in Europa, entrò in guerra, cominciarono a esserci molti più problemi, come se già non ce ne fossero.
I prodotti di prima necessità come farina, lardo, carne, strutto, uova, pane, patate, cominciarono a diventare insufficienti; di lì a poco, si fece strada il fenomeno della borsa nera, ma evidentemente, come dicevo prima, solo i benestanti riuscivano ad accaparrare molta roba. Anzi l’alta borghesia e gli imprenditori non erano particolarmente colpiti dalla guerra. Anche nell’abbigliamento cominciarono a non essere più disponibili certi tessuti, e per quanto riguarda le calzature ci fu larga diffusione delle scarpe fatte con il sughero che costava poco. Furono confezionate scarpe con suola di cartone, e per rendere le scarpe di cuoio più durature, venivano applicate, a richiesta, le tacce (bullette).
Per vasti strati della popolazione, dal 1941, la principale preoccupazione fu di trovare da mangiare. Di conseguenza il potere pubblico fece scattare il provvedimento del razionamento, per ridurre i consumi dei generi alimentari, garantendo a ogni famiglia, secondo il numero dei componenti, una certa quantità di prodotti per il soddisfacimento dei bisogni primari, come l’alimentazione. Ciò avveniva mediante la tessera annonaria di colore grigio numerata con l’aggiunta del nome e del cognome e con un determinato numero di tagliandi. A ogni tagliando corrispondeva una certa quantità di pane, pasta, riso, olio e zucchero.
La disponibilità dell’energia e dell’illuminazione erano gestite direttamente, con motu proprio. In ogni famiglia non potevano mancare le candele e almeno un lume a petrolio.
Nel mese di dicembre 1941, il comune di Bagheria deliberò l’assunzione di personale e l’affitto dei locali per l’Ufficio di razionamento comunale. Se non ricordo male, questi locali erano ubicati in Corso Butera tra le vie Fricano e Domenico Sciortino.
Quando Palermo cominciò a essere bombardata, moltissime famiglie, tra la fine del 1942 e l’inizio del 1943, si trasferirono in case di campagna vicine o lontane dal centro abitato, anche perché era presumibile che nelle campagne non fossero sganciate bombe. Chi non aveva comodità nelle campagne se ne rimaneva in paese, sperando che non ci fossero bombardamenti e che le bombe cadessero altrove. C’erano anche dei ricoveri dove potersi rifugiare quando scattava l’allarme rischio bombardamenti.
Nè è da sottacere lo sfollamento dei Palermitani verso il territorio ficarazzese, flavese e bagherese, molti dei quali vi rimasero residenti anche negli anni successivi, perché avevano avuto distrutta la loro abitazione durante i bombardamenti. Si calcola che oltre ventimila profughi siano stati accolti nelle nostre zone, con alto senso di fraterna solidarietà.
Oggi l’invasione della Russia all’Ucraina sembrava che potesse concludersi in brevissimo tempo con la capitolazione di quest’ultima, ma la solidarietà dell’Unione Europea e degli Stati Uniti ha impedito fino a oggi la caduta di uno stato libero e democratico.
Questa guerra, però, per i suoi risvolti politici, economici e sociali, ha già costretto l’Europa ad adottare dei provvedimenti per limitare i danni derivanti dalla caduta dei rapporti commerciali con il paese invasore al quale sono state imposte pesanti sanzioni che, però, ci sono state… graziosamente ricambiate!
La gravità della situazione forse non è chiara a tanti di noi perché si spera che il nostro governo e quello europeo sappiano prendere gli opportuni correttivi alla penuria di gas, di elettricità, di materie prime occorrenti alle nostre industrie e agli altri settori delle attività lavorative.
Se a ciò si aggiungono i problemi della siccità, della persistenza del Covid e della miriade d’immigrati provenienti dall’Ucraina, senza contare quelli che sistematicamente e incontrollatamente raggiungono le nostre coste dalla vicina Africa, le prospettive non sono rosee.
Non vorrei che la situazione diventasse tragica quando si verificheranno, come già è avvenuto altrove, interruzioni dell’energia elettrica, con la conseguenza che cesseranno di funzionare i condizionatori, i frigoriferi, gli ascensori e tutti gli elettrodomestici di cui oggi non si può fare a meno. Come potranno proteggersi le persone anziane che non possono fare a meno di determinati accorgimenti per la loro salute? Come potremo difenderci dall’aumento del costo dei generi alimentari, della benzina, delle bollette elettriche e del gas?
Sarebbe opportuno, sin da ora, che ciascuno di noi si comportasse in modo virtuoso e lungimirante, cercando di prevedere il peggio, di auto controllarsi e di razionalizzare i suoi consumi. Ma, fino a che punto?