“A fissaziuni jè peggiu ra malatìa” dicevanu l’antichi. E chi veni a diri stu dettu? Antichi vulièvanu riri che la fissazione per qualcosa è peggio di una malattia. E noi siciliani, cocciuti come siamo, semu fissati col cibo e cu l’acqua chi manca sièmpri. Il cibo è per noi malatia, oltre che sopravvivenza. A dirla tutta di quantu manciamu, andremmo oltre la sopravvivenza e verso l’eterno.
Per noi non esiste la mini porzione, ma quannu mai! Non ci invitassero mai ai matrimoni con ‘nouvelle cousine’, matri sia mai! Un v’arrisicati a fare trattenimenti del genere. Il siciliano non c’è abituatu picchì a virità è c’arriesta riunu. Dovreste vederli in questo tipo di matrimoni. Hannu i codici. Si talianu l’uno con l’altro, parinu tutti appattati: cu torci l’uòcchiu, cu isa u gigghiu, cu muovi la mano (attipò la girano su stessa due tre volte) per indicare ca u manciari un servi, insomma bisogna tenerli d’occhio! Hanno addirittura i segnali, al primo via cumincianu a fare cenni e l’avutri a tistiari. I siciliani li riconosci ovunque c’è picca i fari. E poi semu fissati cu l’acqua. Per noi l’acqua è fonte di vita, un bene prezioso ca c’è quannu c’è e che poi all’improvviso finisce. Noi capiamo il dolore di una perdita, picchì è una disgrazia arristari senza acqua nel mese di agosto alle tre di pomeriggio. Noi sappiamo cosa significa a mancanza oltre che il dolore. Siamo abituati alla mancanza e alla pacienza sin da piccoli. “Ri nichi e nichi si ci nsigna a rucaziuoni e picciriddi” dicevano i nostri matri. Siamo il popolo della speranza e della meraviglia. Ogni cosa è per noi attruvata, come se quella cosa non ci spettasse per diritto. Siamo dei semplici e sentiamo di cuore la vita che passa. Chiddu chi voli Diu, baciamu li manu a tutti sti signori!”
Anna Citta è una docente di Lingua e Letteratura Inglese. Vive a Porticello, un piccolo borgo marinaro. H due grandi passioni: il mare e il dialetto siciliano. Da circa 10 anni Si interesso di tradizioni popolari e di detti tipici del nostro dialetto, usi e costumi, proverbi e altro. Il suo è uno studio senza fine, una grande passione che coltiva nel tempo libero. Pensa che studiare una lingua sia il modo giusto per entrare nella vita della gente, per capire i sentimenti di un popolo e il loro modo d’essere, per sentirne gli odori, i sapori e conoscere il dolore della gente. Per questo ama la Sicilia e la sua sicilianità.