E’ stato uno dei pionieri della tv locale di Bagheria, quando dai microfoni di Tv8 raccontava le gesta del Bagheria calcio.
All’inizio degli anni 90 decise di fare il salto, traferendosi a Milano e iniziare la carriera di giornalista.
Parliamo di Andrea Di Quarto, giornalista professionista, che a Bagheria lo ricordano per le sue telecronache e la sua competenza. Da anni lavora presso il noto settimanale “Tv Sorrisi e Canzoni” per il quale ha intervistato centinaia di volti noti del mondo dello spettacolo, della cultura e dello sport, fra cui Gino Paolo, Massimo Lopez, Iva Zanicchi, Pippo Baudo e Diego Maradona, solo per citarne alcuni.
Nei prossimi giorni esce il suo nuovo libro “Tupac”, sulla storia di Tupac Shakur morto assassinato a Las Vegas nel 1996, un crimine per cui tuttora nessuno è mai stato arrestato. Rapper, attore, poeta e attivista, aveva appena venticinque anni.
Come è nata l’idea di scrivere questo nuovo lavoro.
“Libri in questi 30 anni ne ho scritti diversi, ma negli ultimi anni, in cui mi occupo prevalentemente di musica, ho deciso di coltivare a fondo le mie passioni. La cultura afroamericana è una di queste e l’Hip Hop, a mio avviso, è la forma espressiva che più ci racconta, oggi, quel mondo, anche se purtroppo in Italia è stato trasformato in una musica per ragazzini. Il mio sogno è portarlo nelle università, ci sto lavorando, come accade in America. Dopo due libri dedicati alla storia del rap volevo scrivere una biografia e Tupac Shakur è stato una figura straordinaria, il più grande rapper di sempre, per impatto e popolarità, ma anche attore, e ancora oggi una figura di grande attualità. Basti pensare che nelle recenti manifestazioni americane contro il razzismo i giovani che scendevano in strada avevano cartelli con frasi tratte dalle sue canzoni e t-shirt con la sua faccia. Black Lives Matter, il movimento che chiede giustizia e uguaglianza per i neri americani, usa una canzone di Tupac, Changes, come colonna sonora della sua clip. Tupac è stato il Maradona del rap: poeta e ribelle, genio e autolesionista. Lo hanno ammazzato a 25 anni e non oso immaginare che cosa ci avrebbe regalato in tutto questo tempo. A giugno del 2021 avrebbe compiuto 50 anni”.
Adrea perché sei andato via da Bagheria?
“Nel 1990. Ormai mi stava tutto stretto, perfino Palermo mi stava stretta. Volevo vedere il mondo, sentire altri accenti, parlare altre lingue, magiare altri cibi. Girare il mondo, dormire nei grandi alberghi. Non volevo più vedere i mondiali di calcio in televisione, volevo essere negli spogliatoi; non volevo più guardare Sanremo con i popcorn, volevo essere all’Ariston. Non volevo ascoltare i dischi dei REM e immaginarmi un loro concerto: volevo stingere la mano a Micheal Stipe e dirgli che cosa pensavo del suo disco. Tutte cose che ho avuto il piacere di fare: alcune anche oltre la mia immaginazione. E mentre le facevo c’era qualcuno che mi stava pagando per essere lì”.
Cosa ti lega ancora a Bagheria?
“Un milione di cose. La mia famiglia, innanzi tutto: qui c’è mia mamma e c’è mia sorella, che fa l’insegnante di lettere al liceo classico e che è una specie di seconda madre: nel 2015 ho subito un trapianto del rene ed è stata lei ha donarmelo. Io sono nato due volte e la seconda lo devo a lei. E poi i miei due nipoti, alcuni zii, amici e tante persone che mi manifestano affetto e vedo che sono sinceramente contente del mio percorso. Poi qui ci sono vent’anni della mia storia: le scuole Cirincione, le medie al Carducci, il liceo classico, la “prima volta”, le arancine e i gelati più buoni del mondo. È qui che ho cominciato a fare radio, televisione, qui che ho scritto i miei primi articoli su una macchina per scrivere Remington con i tasti di legno: l’avevano abbandonata i marines americani, quando se ne sono andati dalla Sicilia, e mio nonno Andrea l’aveva raccolta. È ancora in bella mostra nell’ingresso di casa mia”.
Hai nostalgia di Bagheria?
“No, non sono un tipo nostalgico. La nostalgia è quella cosa che, con il passare degli anni, ti fa vedere tutto bello, mentre la verità è che magari rimpiangi solo la tua giovinezza. Io no, ho vissuto ogni età come andava vissuta e anche oggi, che sto per festeggiarne 56 e ho due figli, mi piace avere l’età che ho. Però non dimentico mai nulla, nel bene e nel male. Le parole di quei “dirigenti” del Bagheria Calcio di allora che dicevano “tutti giurnalisti addivintaru” o che che mi auguravano ironicamente di andarmi a sedere con Giorgio Tosatti (all’epoca direttore della Gazzetta) e Gianni Brera, facevano male. Loro erano abituati al corrispondente locale che, anche se perdevi 0-4, aveva tre dogmi: “C’erano dieci rigori non dati per il Bagheria”, “Tutti gli arbitri più cornuti li mandano qui”, “La Lega non vuole che il Bagheria avanzi”. La prima volta che sono andato allo stadio a Torino, all’epoca il Delle Alpi, nell’ascensore che portava i giornalisti in sala stampa è entrato il compianto Giorgio Tosatti e nella mia faccia si è stampato un sorriso. «La faccio così ridere, giovanotto?», mi disse lui (era veramente molto grasso). E io: «No Maestro, Lei oggi mi ha fatto il più grande regalo della mia vita!”.
Vieni ogni quanto tempo?
“Prima venivo due volte l’anno. Ultimamente meno, prima per questioni di lavoro, ora per la pandemia. Spero di tornare presto alle vecchie abitudini”.