31 anni fa la mafia uccise il giudice Giovanni Falcone, uno dei suoi principali nemici.
Lo fece in maniera violenta, uccidendo anche la moglie Francesca Morvillo e 3 agenti di scorta: Vito Schifani, Rocco Di Cillo e Antonio Montinaro.
Gli attentatori fecero esplodere un tratto dell’autostrada A29, dall’aeroporto di Punta Raisi, mentre stavano tornando a Palermo, nei pressi dello svincolo con Capaci.
Alle ore 17:57, mentre vi transitava sopra il corteo della scorta con a bordo il giudice, la moglie e gli agenti di Polizia, sistemati in tre Fiat Croma blindate, avvenne l’esplosione.
Vi furono anche 23 feriti, fra i quali gli agenti Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e l’autista giudiziario Giuseppe Costanza.
L’uccisione di Falcone venne decisa nel corso di alcune riunioni delle commissioni regionali e provinciali di Cosa Nostra, avvenute tra il settembre-dicembre 1991, e presiedute dal boss Salvatore Riina, nelle quali vennero individuati anche altri obiettivi da colpire.
Nello stesso periodo, avvenne anche un’altra riunione nei pressi di Castelvetrano (a cui parteciparono lo stesso Riina, Matteo Messina Denaro, Vincenzo Sinacori, Mariano Agate, Salvatore Biondino, e i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano), in cui vennero organizzati gli attentati contro il giudice Falcone, l’allora ministro Clòaudio Martelli e il presentatore televisivo Maurizio Costanzo.
Il 23 maggio Domenico Ganci avvertì telefonicamente prima Ferrante e poi La Barbera che le Fiat Croma erano partite ed avevano imboccato l’autostrada in direzione dell’aeroporto di Punta Raisi per andare a prendere Falcone.
Ferrante e Biondo (che erano appostati in auto nei pressi dell’aeroporto) videro uscire il corteo delle blindate dall’aeroporto e avvertirono a loro volta La Barbera che il giudice Falcone era effettivamente arrivato.
La Barbera allora si spostò con la sua auto in una strada parallela alla corsia dell’autostrada A29 e seguì il corteo blindato, restando in contatto telefonico per 3-4 minuti con Gioè, che era appostato con Brusca su una collinetta sopra Capaci, dalla quale si vedeva bene il tratto autostradale interessato.
Alla vista del corteo delle blindate, Gioè diede l’ok a Brusca, che però ebbe un attimo di esitazione, avendo notato le auto di scorta rallentare a vista d’occhio. Infine, Brusca attivò il radiocomando che causò l’esplosione. La prima blindata del corteo, la Croma marrone, venne investita in pieno dall’esplosione e sbalzata dal manto stradale in un giardino di olivi ad alcune decine di metri di distanza, uccidendo sul colpo gli agenti Montinaro, Schifani e Di Cillo.
La seconda auto, la Croma bianca guidata da Falcone, si schiantò contro il muro di asfalto e detriti improvvisamente innalzatisi per via dello scoppio, proiettando violentemente il giudice e la moglie, che non indossavano le cinture di sicurezza contro il parabrezza. Sia Falcone che la moglie Francesca morirono subito dopo.
Per la strage di Capaci sono stati condannati all’ergastolo 24 mafiosi fra mandanti ed esecutori.
I condannati sono stati: Salvatore Riina, Pietro Aglieri, Bernardo Brusca, Leoluca Bagarella, Raffaele e Domenico Ganci, Giovanni Battaglia, Salvatore Biondino, Salvatore Biondo, Giuseppe Calò, Filippo e Giuseppe Graviano, Michelangelo La Barbera, Salvatore e Giuseppe Montalto, Matteo Motisi, Pietro Rampulla, Bernardo Provenzano, Benedetto Spera, Antonino Troia, Benedetto Santapaola e Giuseppe Madonia mentre vennero assolti Mariano Agate, Giuseppe Lucchese, Salvatore Sbeglia, Giusto Sciarrabba, Salvatore Buscemi, Giuseppe Farinella, Antonino Giuffrè, Francesco Madonia e Giuseppe Agrigento (che però venne condannato per detenzione di materiale esplosivo); i collaboratori Santino Di Matteo, Gioacchino La Barbera, Giovanni Brusca, Salvatore Cancemi, Giovan Battista Ferrante, Antonino Galliano e Calogero Ganci vennero invece condannati a pene tra i quindici e i ventuno anni di carcere.
Nell’aprile 2000 la Corte d’appello di Caltanissetta confermò tutte le condanne e le assoluzioni di primo grado ma condannò all’ergastolo anche Salvatore Buscemi, Francesco Madonia, Antonino Giuffrè, Mariano Agate e Giuseppe Farinella.
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