Se non sei in grado di raccontare il silenzio del giardino dell’Eden sei condannato a scrivere il rumore della vita, imbattendoti nelle regole che hanno origini con Adamo ed Eva. É vero, si può mettere un filtro a ogni rumore, come alla barbarie della vita, ma funzionerà solo per poco, poi come ci ricorda “yin e yang”, tutto è spartito in due, tranne i politici, perché i buoni sono talmente pochi che si potrà parlare di soli cattivi; il resto è: santi e diavoli, sazi e affamati, di destra e di sinistra, atei e credenti, e così andando avanti.
Alla morte di Guttuso decisiva è stata la sentenza di Palazzo del Grillo che, ratificando la decisione del “cerchio magico” decideva che come San Paolo e Sant’Agostino Guttuso sarebbe stato ateo, per poi annunciare al mondo la conversione in Dio e l’odor di “santità”.
Cari amici di Guttuso, il Maestro non si è mai convertito, non ce n’era bisogno, perché il suo essere ateo era solo di facciata come quello di gran parte di comunisti radical chic all’epoca di Togliatti.
Nel caso di Guttuso, nato in una famiglia dai profondi sentimenti religiosi, l’appartenenza al cattolicesimo era evidente, lui stesso lo manifestò lasciando numerose testimonianze, fino a dirlo in modo diretto: “Non dirò mai che sono ateo”.
L’ateo è una persona che non crede in nessuna divinità, nessun creatore, nessuna potenza spirituale e per questo motivo non imbastisce mai discorsi coinvolgendo Dio. In questo aveva ragione Andreotti, che di Guttuso è stato amico “militante”: “Era razionale anche nei ragionamenti della fede” e rimaneva convinto del fatto che il pittore, per tutta la vita, sia stato cristiano.
Vi chiederete perché mi accanisco sull’ateismo di Guttuso? La risposta è perché nel 1941, quando il pittore dipinse “Crocifissione”, scrisse: “Nel fondo del quadro c’è il paesaggio di una città bombardata: il cataclisma che seguì la morte di Cristo era trasposto in città distrutta dalle bombe“. E ancora, “la mia ispirazione era religiosa. Ho dipinto quel quadro con animo Religioso”. Vi pare un pensiero da ateo? A me no!
Poi, nel 1983, ha dipinto nella terza cappella del Sacro Monte di Varese “Fuga in Egitto” e racconterà: ”Si sono molto stupiti che un pittore comunista abbia dipinto una scena di carattere così religioso. Ma, anche se comunista, io ho un senso religioso della vita … Del resto, ritengo di essere un pittore “civile”; e l’aderire agli ideali civili contiene sempre un elemento religioso”. Vi pare un pensiero da ateo? A me no!
Per non parlare di tanto altro: le pitture nella chiesa d’Aspra e i quadri delle suore di Palazzo Butera, l’atteggiamento nella visita alla tomba del padre e l’illustrazione del nuovo Evangeliario per la Santa Sede e ancora le tante opere a sfondo sacro dipinti palesemente con animo religioso.
Per questi e per altri fatti, esorto i comunisti che lo vogliono a tutti i costi ateo a non recitare la parte ridicola dei preti di campagna che parteggiavano per il partito col simbolo della croce e talvolta persino identificavano la Democrazia Cristiana nel partito “ru signuruzzu”, quando la D. C. aveva i suoi nobili riferimenti nelle idee di Don Sturzo e De Gasperi.
Chiudo questa dissertazione su politica e religione del pittore bagherese, uomo dalla vita tormentata, con un’ultima mia riflessione: “Guttuso era fedele al Partito comunista ma non era di fede comunista e certamente non era ateo”.
Infine, io penso che Guttuso vada ricordato per quello che realmente è stato, un uomo e un artista inquieto come il suo pennello, analizzando la sua complessità, le sue contraddizioni, i suoi amori, i suoi rapporti con la politica, con la religione e con Bagheria, e non per quello che dicono i nuovi adepti dell’assalto alla diligenza, ma per quello che dicono quelli che l’hanno veramente conosciuto e frequentato. A tal proposito Raffaele Carrieri scriveva nel 1963:
“Inquieto inchiostro. A Renato Guttuso”
Inquieto freme il tuo inchiostro / Per collera, per pena: / E la luce trema. / Trema la luce alle veni / E il nero percuote. / Il nero, il tuo nero scuote / Gli uncini, riapre le spine. / Di dolore in dolore / Fra vulcani e rovine / Storniscono le donne / Nei lutti d’amore. / Furioso il tuo polline / La ruggine rompe / E la vita rimuove.